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Derby pazzesco. Pioli ha sbagliato tutte le scelte in difesa. Inzaghi ha azzeccato strategia e ricambi

Alcune considerazioni sul derby di Milano: Kjaer ha fatto ampiamente il suo tempo, non è più competitivo a certi livelli. Thiaw, al contrario, è troppo giovane e ingenuo, non ha personalità e sparisce nei momenti importanti. Il modo in cui Thuram lo ha ridicolizzato nei primi due gol dell’Inter è stata la chiave della sconfitta di un Milan a trazione anteriore ma assolutamente scadente in fase difensiva. La responsabilità ricasca sull’allenatore. Il progetto rossonero è affascinante e intelligente, ma non può permettersi battute d’arresto così mortificanti a causa di evidenti approssimazioni tattiche. Le assenze di Tomori (ingenuo a farsi espellere contro la Roma, ma con la complicità di un cambio che andava effettuato prima dal tecnico) e Kalulu non bastano a giusticare l’orribile capitombolo. E Pioli avrebbe dovuto considerare le ripercussioni psicologiche di un risultato eccessivamente negativo. Così come le vittorie aiutano a crescere, le sconfitte pesanti creano inquietudini, determinano insicurezze, producono guasti perché possono cancellare le certezze e i progressi compiuti in precedenza. Non ci si consegna in questo modo all’avversario principale. Eppure i segnali c’erano stati. Il Milan è stato fin dall’inizio del campionato in equilibrio fra la splendida sorpresa e la fragorosa delusione. Una magia ne ha accompagnato i primi passi, ma è stato un male adagiarsi su questi con l’enfasi dell’impresa. Bagliori eccessivi e distorcenti. Soprattutto andavano colti i segnali di qualcosa che doveva ancora compiersi. Troppa euforia ha accompagnato vittorie che andavano seguite come passi di crescita e non come manifestazioni di potenza. Per carità, la bellezza del calcio sta nel pensare sempre alla prossima partita e al prossimo traguardo, ma una sconfitta così esagerata può lasciare cicatrici benefiche solo se si ragiona con profondità sui problemi emersi con questo tsunami. Il Milan di Cardinale è un progetto stupendo e affascinante, la rivoluzione è stata ampia (e coinvolgerà anche il nuovo stadio). Spetta al tecnico saperla dosare con sapienza ricominciando dalla basi: la solidità difensiva. Bisognerà attendere che le idee si sedimentino e diventino realtà rocciose e non morbide da crollare alla prima spallata. Sull’altra sponda si premia il lavoro di Marotta che ha saputo consegnare al suo allenatore una squadra superiore a quella della scorsa stagione con una rosa fortissima soprattutto nei ricambi. Inzaghi sta dimostrando concretamente di trovarsi a suo agio lavorando su quello che per lui rappresenta il settore nevralgico: il centrocampo. Le sostituzioni effettuate sono state tutte migliorative. Eppure sono ancora vicini i tempi in cui l’allenatore veniva criticato per cambi inopportuni. Anche in questo caso, però, consigliamo prudenza perché l’accusa principale a Inzaghi è sempre stata quella di una discontinuità in campionato. La continuità la determina il tempo. L’Inter è apparsa splendida, solida e possente. Sa aspettare con pazienza il momento giusto e poi colpisce con implacabile bravura grazie a interpreti straordinari come Lautaro, Thuram, Barella, Frattesi e soprattutto Mkhitaryan lasciato andar via dalla Roma in maniera che ancora sorprende. Sono tutti giocatori che saltano l’uomo e che difficilmente sciupano un pallone. Il derby in fondo è stato questo: la spiacevolezza dello spreco contro la qualità della parsimonia. Il punto è che il parsimonioso accumula, chi spreca rischia di rimanere con nulla fra le mani. 

Paolo De Paola

 

Redazione

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