Un fulmine a ciel sereno l’annuncio da parte del tennista che ha deciso di ritirarsi dalla carriera professionistica a soli 24 anni
La stagione tennistica è ormai arrivata agli sgoccioli con l’ultimo appuntamento del Grande Slam dell’anno in programma in questi giorni a New York, ma proprio a ridosso dell’inizio del torneo, è arrivata una notizia inattesa.
Mikael Ymer ha annunciato il ritiro dalle scene tennistiche a soli 24 anni. “Ciao ragazzi – si legge su Twitter –, ho deciso di ritirarmi dal tennis professionistico. Grazie a tutti per i bei ricordi. Che viaggio è stato! Auguro a tutti i miei ex colleghi il meglio per il futuro“.
Poche parole, ma tanto è bastato per essere accolto con un certo sgomento tra addetti ai lavori e appassionati, che di certo non si aspettavano di apprendere sviluppi simili da parte di un giocatore della sua età, con tutta una carriera davanti.
Pesa, e non poco, la squalifica di 18 mesi inflittagli dall’ITF che lo ha accusato di aver mancato per tre volte l’appuntamento con i test anti-doping negli ultimi 12 mesi. Tuttavia, la sua situazione sarebbe ben più complicata di come appare e, a raccontare come sono andate le cose nei mesi scorsi, è stato lo stesso giocatore svedese, convinto della sua innocenza.
Mikael Ymer si ritira: cosa c’è dietro la sua decisione
Sempre su Twitter, Ymer ha spiegato nel dettaglio come si è svolta l’intera vicenda, affermando di esser stato assolto in un’occasione. “A gennaio 2022 – ha scritto su Twitter –, l’ITF mi ha accusato di una potenziale violazione delle norme anti-doping per aver saltato tre test al di fuori delle competizioni in un periodo di 12 mesi. Ho avuto un’udienza e sono stato assolto da un tribunale indipendente a giugno 2022“.
Per questo motivo, l’ex numero 50 del mondo è convinto che la decisione dell’ITF di processarlo di nuovo sia stata “ingiusta“. Così come non è d’accordo con il fatto che, dopo tutti gli sviluppi che ne sono seguiti dalla prima accusa, l’associazione abbia ritenuto opportuno sospenderlo per 18 mesi. Ymer ha infatti spiegato anche che in una di quelle tre occasioni – la terza – in cui ha mancato il test si era invece fatto trovare nel luogo e nell’ora prestabilita.
Una situazione complessa, insomma, che però non è così rara tra gli altri giocatori e atleti di altre discipline che, proprio per la natura del loro sport, fatto di viaggi e spostamenti continui, vengono squalificati per non aver rispettato, in modo del tutto involontario a loro dire, il programma di test degli organi competenti.