L’Inter mantiene la promessa: Pavard c’è, ora Sanchez (e il saldo al mercato…). Juve, buona la prima e il motivo è uno solo (e su Lukaku/Berardi…). Le rogne di Mou e Garcia, le visioni di Sarri, la missione di Spalletti

Mi sa che ve ne siete accorti: è ripartito il carrozzone. Come tutte le volte, anche quest’anno ci si fa fottere dalle prime impressioni.

“Ahhh che grande Napoli, è il favorito per lo scudetto”.

“Ahhh che Inter meravigliosa, è la favorita per lo scudetto”.

“Ahhh è tornata la Juve, è la favorita per lo scudetto”.

“Ahhh quanta qualità il Milan, è la favorita per lo scudetto”.

E così via.

Siamo i soliti minchioni e pazienza se fino a una settimana fa dicevamo cose completamente opposte, è possibile che possano tornare buone settimana prossima. Che pacchia.

In ogni caso i primi calci qualche indicazione l’hanno data e, allora, andiamo ad elencare.

L’Inter riparte da una certezza: l’idea di calcio di Inzaghi. Non è poco. I nerazzurri macinano occasioni, una media superiore a 20 a partita in tutto il 2023. Questo dato va oltre le pur importanti logiche del mercato perché dice che ad Appiano non si improvvisa e, anzi, al terzo anno di inzaghismo i meccanismi sono oliatissimi. E pensare che c’era chi voleva far fuori il mister a tutti i costi… 

Il resto ovviamente passa dalle ultime faccende di mercato: Pavard (30 milioni + 2 di bonus) è l’ultimo arrivato, Sanchez se tutto va come deve andare prenderà il posto di Correa, probabilmente destinato al Betis.

Il tutto porterebbe i vice campioni d’Europa al seguente “gioco delle coppie”:

Sommer/Audero

Pavard/Darmian

Acerbi/DeVrij

Bastoni/Bisseck

Dumfries/Cuadrado

Barella/Sensi

Calha/Asllani

Mkhitaryan/Frattesi

Dimarco/CAugusto

Lautaro/Sanchez

Thuram/Arnautovic

Si può dire che la nuova Inter sia più forte di quella che si è giocata la Champions a Istanbul? Al momento certamente no – se ne sono andati una marea di grandi giocatori -, ma questa è indiscutibilmente più giovane e ha certamente un enorme potenziale. Bel lavoro (e per una volta la promessa di rimettere sul mercato i soldi incassati è stata mantenuta). 

La Juventus è ripartita dalla bella prestazione di Udine. Ci si interroga su una serie di faccende francamente stucchevoli del tipo “di chi è il merito se i bianconeri hanno prodotto buon calcio in terra friulana? Del nuovo tecnico “a supporto” Magnanelli?”. E capite bene che il quesito fa parecchio sorridere. Magnanelli potrà certamente dare una gran mano ma il passo in avanti, la Juve, lo ha fatto mettendo ordine “a monte”. Se i dirigenti fanno i dirigenti, allora l’allenatore può fare l’allenatore e tutto diventa più semplice, soprattutto se deve gestire una sola partita a settimana. 

Poi, certo, tocca competere il mercato. Lukaku sembra una pista sempre più complicata (ma Allegri lo vorrebbe eccome al posto di Vlahovic), Berardi il desiderio assai caro di Giuntoli. Diciamo così: in un caso o nell’altro trattasi di colpi che davvero possono fare la differenza. 

Ps. Siccome da 48 ore tutti dicono “Lo dico da anni che Cambiaso è forte”, ci tenevo a dirlo anch’io: “Lo dico da anni che Cambiaso è forte”. Anche Cambiasso, tra l’altro.

Volevo puntualizzare una cosa sulla Roma, ci tengo: sciur Belotti, ti devo delle scuse. Mi parevi un galletto Vallespluga pronto per il brodo e, invece, sei tornato a fare chicchirichì come il re del pollaio. Bravo. Questo significa che la Roma in attacco sia a posto così? Non diciamo cazzate: Zapata potrà dare una bella mano, Marcos Leonardo invece tornerà d’attualità tra qualche mese. E, quindi, si torna sempre a lui, a santissimo Jose Mourinho: dovrà fare un mezzo miracolo per tenere i suoi nell’Olimpo della classifica.

De Ketelaere ha fatto gol. Pensa te, a volte, il destino. Per qualcuno “ecco, è il nuovo Bergkamp” e francamente forse è il caso di aspettare ancora un po’ prima di azzardare il paragone, diciamo quelle 50-100 partite sopra la sufficienza. 

Due righe sul Napoli campione d’Italia. Oh, De Laurentiis ha i modi di fare di Er Mutanda con Pappalardo ma quanto a calcio… ci sa fare eccome. 

Era difficile se non impossibile riuscire ad uscire da questa sessione di mercato con una squadra che fosse all’altezza della precedente. Ebbene, ci è riuscito. Sono rimasti tutti, Kim è stato sostituito alla grande, a centrocampo c’è persino più scelta (Gabri Veiga permettendo…). Tocca a Garcia – erede di Spallettone – mettere insieme gli ingredienti per ricomporre il piatto stellato, ma è chef valido e, soprattutto, non fesso. E infatti ai suoi non chiede “rivoluzioni tattiche” rispetto al passato, ma di proseguire lungo il solco tracciato da chi c’era. Mossa saggia.

E, a proposito di Spalletti: la scelta della Federazione è eccellente, di meglio non si poteva pescare. E però anche le parole di De Laurentiis hanno un senso: prima o poi dovremo uscire dalla logica molto italiana secondo cui accordi e contratti devono diventare carta straccia di fronte al “bene superiore”, soprattutto se parliamo di Figc. Cioè, è un bene che Spalletti sieda sulla panchina degli azzurri, ma è giusto anche capire perché nell’arco di due settimane si è passati da “Mancini diventa responsabile anche dei pulcini di Coverciano” a “clamoroso divorzio”. Ma questo resterà un mistero tipo “cosa c’è dopo la morte?”, potete starne certi. 

Sarri dà la colpa ai calendari. Non è mica il primo a spararla eccessivamente grossa. Cioè, ogni anno un qualche tesserato se la pende col sorteggio e pensa che, a monte, ci sia qualcuno che schiaccia tasti e compila segretissimi algoritmi per fottere qualcun altro. E lo dice ben sapendo che in realtà è stato solo parecchio sfigato.

Comunque il 6% degli italiani è convinto che la Terra sia realmente piatta e, quindi, vale tutto. 

Un’ultima cosa: Rejinders, cheggiocatore.

Un’ultimissima: Candreva, cheggiocatore. 

E Ciao Carletto. Non serve aggiungere altro

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