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Categories: Editoriale Calcio

Samardzic, un colpaccio. Il Gran Ballo sulle… punte. Rasmus e le plusvalenze della Dea

Lazar Samardzic è un grande acquisto. Un colpaccio. Lo diciamo in generale, a maggior ragione nel caso dell’Inter. E ci sono le motivazioni: Simone Inzaghi aveva bisogno di un mancino dalla tecnica sopraffina, con una fisicità diversa rispetto agli attuali specialisti di quel reparto. Con Samardzic fa bingo, non soltanto perché rispetta in pieno le suddette motivazioni e colma una lacuna, ma anche perché lo soffia a una concorrenza di primo livello. Samardzic sarebbe andato benissimo al Milan (che ha fatto altre scelte), alla Juve (che prima deve cedere), alla Lazio (ma Lotito è in stand-by assoluto) e anche al Napoli (priorità difensore centrale per De Laurentiis). Invece, va all’Inter che ora ha un assortimento straordinario in mezzo al traffico: Barella più Frattesi, il giovane Asllani che farà progressi, Calhanoglu per i ricami, Mkhtaryan con la sua esperienza abbinata a una classe cristallina. Mancava un giovane in grado di sparigliare, di aggiungere fantasia e creatività, di prenotarsi per un futuro che lo vedrà protagonista fisso. Noi, al posto di De Laurentiis, lo avremmo regalato per tempo a Garcia senza per forza dover aspettare una cessione. L’operazione è intelligente per l’Inter ma anche per l’Udinese, ci sono le spiegazioni. In Friuli sapevano che sarebbe stato impossibile trattenere Samardzic in presenza di una proposta allettante, per questo motivo l’asticella per il cartellino era scesa da 30 a 25 milioni. Inserire Giovanni Fabbian nella trattativa è un altro passaggio giusto, stiamo parlando di un ragazzo che ha fatto benissimo in Serie B con la Reggina e che ha la personalità necessario per il salto dell’asticella. La valutazione di Fabbian è di 10 milioni abbondanti, almeno per l’Inter, significherebbe aggiungerne 15 da parte dei nerazzurri per arrivare a circa 25 e portare a casa Samardzic. La formula sarà probabilmente quella dell’obbligo di riscatto, banalissimo dettaglio all’interno di una sola certezza: Simone Inzaghi avrà un gioiello non più tanto grezzo, basterà una lucidatina per indossarlo come un vero diamante a San Siro nerazzurro.

Il Gran Ballo degli attaccanti vivrà giorno molto belli e molto importanti. Giorni, forse ore. Perché tutto parte da Kane, chiodo fisso del  Bayern, e si sviluppa attraverso varie situazioni molto intriganti. Ci sono due prigionieri o presunti tali: Romelu Lukaku e Kylian Mbappé, in rigoroso ordine alfabetico. Entrambi hanno due squadre in testa: Romelu aspetta la Juve e Kylian vorrebbe andare al Real ma a parametro zero, quindi tra poco meno di un anno. La differenza c’è, almeno in queste ore: il Chelsea sta aspettando che la Juve si dia una mossa, intanto l’ha fatta uscire allo scoperto. Il PSG, invece, vorrebbe che Mbappé rinnovasse oppure che se ne andasse. Invece, Mbappé non vuole rinnovare e neanche andarsene, almeno in questi giorni. Sarà un agosto torrido in tal senso, senza dimenticare gli altri attori (non certo comparse) del suddetto gran giro di attaccanti. Per esempio Dusan Vlahovic: se entrasse nello scambio con Lukaku, la Juve vorrebbe un conguaglio di almeno 45-50 dal Chelsea, situazione che i Blues devono avallare e accettare. Ma Dusan confida ancora di finire nel giro che porta al Paris Saint-Germain, visto che aveva un accordo sull’ingaggio da circa 9 milioni a stagione. E probabilmente lo spera anche la Juve che avrebbe sempre le mani libere per Lukaku, ma che potrebbe avere da Parigi un tesoretto da investire per completare la squadra. Un personaggio protagonista (anche lui non certo una comparsa) è Gianluca Scamacca che ha aspettato la Roma talmente a lungo che poi è spuntata… l’Inter. Sì, lo stesso club che lo aveva praticamente preso a gennaio 2022 per l’estate successiva e che poi decise di cambiare rotta. Adesso siamo sulla strada giusta per celebrare il matrimonio: aspettiamo le firme, si chiama semplicemente precauzione.

Rasmus Hojlund al Manchester United è l’ennesima prodezza dell’Atalanta. Pensate che storia: il fortissimo danesino è arrivato la scorsa estate, era fine agosto, per 17 milioni. Con la reazione stizzita di chi fa mercato sui social soltanto per commentare e criticare tutto e tutti. Il passaparola, non quello della maggioranza per fortuna, era: ma come si possono spendere 17 milioni per un ragazzino di 19 anni senza avere la certezza di un ritorno tecnico immediato? Premettiamo: la certezza non esiste persino quando di milioni ne spendi 60 per un campione consacrato che poi fa flop. Neanche quando dai 8 milioni di ingaggio a uno svincolato, pensando che sia bello fresco e motivato, invece talvolta l’attesa viene completamente disattesa. L’Atalanta ha fatto lo stesso percorso che l’ha contraddistinta negli ultimi anni, nel senso che è andata avanti per la strada di competenza, un distintivo al petto che nessuno può permettere di oscurare o strappare. I criticoni che stavano riempiendo i social di polemiche senza senso hanno avuto meno di un anno dopo la risposta che già era chiara la scorsa estate. Questa risposta: dalla cessione di Hojlund al Manchester United la Dea – in questi casi mai bendata – porta a casa una plusvalenza minima di 60 milioni abbondanti, se entrano tutti i bonus ci sarà tempo per apparecchiare ancora la tavola con altre prelibatezze. Quello che sconsigliavano Hojlund per quella cifra (17) sono gli stessi che non capiscono per quale motivo i Red Devils abbiamo investito una cifra monstre per Ramsus. Se avessero la voglia e la fortuna di recuperare il contatto di ten Hag, avrebbero una risposta immediata: per l’allenatore Hojlund era il primo per distacco di quella lista, come Coppi e il resto del gruppo. L’Atalanta si è già consolata con El Bilal-Touré, 30 milioni e il più grosso investimento nella storia del club, sapendo che il ragazzo potrebbe rappresentare tra qualche anno un altro affare. Lunga vita alla Dea che fa mercato infischiandosene dei criticoni (talvolta non troppo competenti) in servizio permanente effettivo.

Redazione

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