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Lukaku il fariseo. La capriola di Cuadrado. Il Milan lievita. Lotito e il “figlio” Ciro

Inter, non piangere: probabilmente ti sei salvata. Quando lui e lei cercano di stare ancora insieme, magari superando una montagna di problemi che dipendono più da lui che da lei, tutto ci vorrebbe fuorché il coinvolgimento dell’altra. Lui (Lukaku) stava pensando all’altra, vedremo se sarà la Juve oppure se spirerà ancora il vento dall’Arabia. Ma lui (Lukaku) avrebbe dovuto pensare soprattutto a lei (l’Inter), non obbligatoriamente per continuare a starci insieme, ma per quel minimo di serenità (o serietà che è meglio) necessaria per non farlo diventare un fariseo. Ci sono interviste che uno si dovrebbe pentire di averle fatte, barzellette. Lukaku aveva detto mai mai mai mai mai, vedremo come finirà, ma già il fatto che lui avesse il pensiero altrove (prima Milan e poi Juve) dimostra quanto non fosse stato sincero con l’Inter. Diventa patetico metterla sul piano dell’insoddisfazione per non aver giocato da titolare la finale di Champions, amplificando un eventuale rapporto non idilliaco con Simone Inzaghi. Già, perché Lukaku avrebbe dovuto non pugnalare alle spalle, dicendo chiaramente prima all’Inter quali fossero le sue intenzioni. Dal punto di vista tecnico ha dimostrato di essere un attaccante da urlo soltanto con Antonio Conte. Non dubitiamo che possano esserci estimatori in quantità industriale di Romelu, ma vorremmo segnalare due cose: il trasferimento al Chelsea è stato uno dei flop più grandi della storia del calciomercato, un flop da 115 milioni; i gol che ha sbagliato con il Belgio al Mondiale in Qatar, in sequenza clamorosa a pochi passi dalla porta, non li avrebbe bucati anche il peggiore attaccante operativo in Serie C. Magari altrove ripartirà più forte di prima, ma il fariseo Lukaku tenga conto di una cosa: ha perso l’autobus più importante, quella della sincerità e non delle pugnalate alle spalle. Inter, ti sei salvata, troverai un “lui” migliore, almeno negli atteggiamenti e nei comportamenti. Mai, mai, mai, mai, mai più Romelu: se fosse rimasto, avrebbe tradito (nuovamente) alla prima occasione. Esattamente come ha tradito, per altri motivi ma con errori da principiante, il Belgio all’ultimo Mondiale.

Due brevi considerazioni su Cuadrado e Milan. Juan ha vinto: desiderava restare in Serie A senza troppi “ma o perché”, in alternativa la Liga. Per questo motivo ha detto no al Fenerbahce, comunque ha chiesto tempo: se avesse voluto, avrebbe potuto firmare un paio di settimane fa. È stato proposto alla Lazio senza riscontri e negli ultimissimi giorni anche alla Juve, quasi come se fosse un disperato tentativo di resettare rispetto alla decisione bianconera retrodata di non proseguire più con l’esterno colombiano. L’accordo con l’Inter (un anno a 2,5 milioni di ingaggio con opzione per un’altra stagione) è la sua vittoria perché resta nel calcio che conta senza dover pensare al conto in bianca già bello gonfio. Il suo amico Muriel probabilmente saluterà, c’è l’Arabia che incombe, ma questo è un altro paio di maniche. Anche Correa potrebbe accettare le sirene provenienti dall’altra parte del mondo, ma si tratta di una notizia che non è collegata. Cuadrado riparte dall’Inter, qualche tifoso storcerà il muso, ma sulla sua esperienza e sulla qualità di certe giocate c’è poco da disquisire. In casa Milan, invece, il progetto sta lievitando: Reijnders è un ottimo interprete davanti alla difesa, ha qualità indiscutibili e una tecnica di spessore. Lui dopo Loftus-Cheek e Pulisic, un bel tris. Musah è dietro l’angolo, anche perché Gravenberch resta un sogno. Danjuma intriga, profilo interessante. Per la fascia occhio a Singo, sondaggi per Pedersen. Adesso bisogna non sbagliare l’attaccante, passaggio fondamentale per non lasciare Giroud nella solitudine. Taremi stuzzica e non poco, significherebbe rassegnarsi in direzione Chukuwueze e occupare l’ultimo posto da extracomunitario. Negli ultimi giorni il Milan -dopo aver sondato – è rimasto alla finestra per Morata, forse per la solita tendenza a rinfrescare la carta d’identità. Manca un mese e mezzo alla fine del mercato, ma il Milan è dentro con un tris in mano.

Claudio Lotito dice di Immobile: “È un figlio, per meno di 35 milioni non parte”. Beh, se i figli avessero un prezzo non sarebbero figli. Sarebbe stato meglio dire: “Il futuro di Ciro in Arabia? Non dipende da me, ma dalle sue decisioni”. Una cosa è sicura: la Lazio ha preso un buonissimo attaccante come Castellanos, non abbiamo dubbi che possa essere un ottimo innesto per la serie A. Ma forse sarebbe stato meglio coprire i ruoli che stanno più a cuore a Sarri, che hanno una priorità. Se cedi Milinkovic-Savic devi avere subito o quasi subito il sostituto, la richiesta di arruolare Zielinski va avanti da mesi, forse bisognerebbe mettere il punto ogni tanto anziché lasciare aperta una parentesi. Il regista servirebbe anche (Torreira e Ricci sono i nomi fatti in quest’ordine e in tempo non sospetti), senza aspettare Ferragosto. Sarri oggi non è nervoso, al massimo impaziente e dovrebbe essere interesse di Lotito recuperare il ritardo che ha accumulato. La vicenda Morata sarà invece importante nei rapporti tra Mourinho e Pinto, rapporti che hanno una copertura mediatica di convenienza ma che vanno invece cementati con la prova del campo. Mourinho apprezza Scamacca ma adora Morata che tra l’altro ha già allenato. Dipendesse da Special One, Alvaro sarebbe già a Trigoria. Invece, dipende da clausole al rialzo, dalla concorrenza che spunta (Inter, in pressing da domenica scorsa, ma per ora non intende pagare la clausola. Oppure la Juve), compresa quindi la necessità di fare tutto e subito. Morata ha aperto alla Roma esattamente come la pretenderebbe Scamacca (parole sue). Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo… Pinto, con l’avallo indispensabile della proprietà, momenti di fondamentale importanza per rinsaldare i rapporti ballerini con Mourinho al capitolo “mercato e dintorni”.

Redazione

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