Credo che Sivori sia stato amatissimo dai tifosi della Juve, così come da quelli del Napoli. Uno dei rarissimi casi. Ma nel 2023 ha ancora senso criticare o augurare il peggio professionale a un dirigente che passa dal Napoli alla Juve come Giuntoli? Solo per capire, se qualcuno si trasferisce dalla Juve al Napoli va bene, se fa il percorso inverso è un traditore? Eppure, di esempi ce ne sono tantissimi: da Altafini a Ferrara, da Cannavaro a Higuain, per non parlare di Moggi. E qui nasce un’altra storia che si comprende ancora meno: se Moggi fa vincere un titolo alla Juve è un “ladro”, se lo fa vincere al Napoli è un “santo”. Il bello è che a sostegno di questi argomenti ridicoli scendono in campo intellettuali e scrittori. Ci sarebbe da piangere se la vicenda non facesse sbellicare dal ridere. La marea di orgogliosi odiatori che ora insulta colui che è stato acclamato come un re si ingrossa. Nemmeno lontanamente memore della figuraccia già rimediata nell’ultima stagione certamente vincente, ma dopo aver contestato De Laurentiis, Spalletti e lo stesso Giuntoli. A proposito del quale suscita livore la recente confessione di aver amato la Juve fin da bambino. Apriti cielo. Insulti e offese a valanga via social. Quale lesa maestà, quale onta. Come se la stupida idea di “appartenenza” possa diventare un indelebile marchio di fabbrica. Ormai è uno status facilmente descrivibile: lo scrittore napoletano con sciarpa e trombetta comodamente appollaiato a sparare sentenze. Soavemente tifoso del Napoli, ovviamente, e sempre in prima linea a patto che si sappia in giro perché anche da certe posizioni populiste discendono copie e consensi. Fino, appunto, al ridicolo.
Agitare un vessillo, fare le vittime, sentirsi “star” aiuta a costruire il personaggio, ma poi si rischia l’incomprensione appena si supera il Garigliano a nord e punta Campanella a sud. I confini sono molto limitati per i neo masaniello, neo melodici e pure un po’ neo borbonici. La riscoperta tardiva della revisione storica si tramuterà a breve in un inesorabile risveglio per il numeroso gregge all’inseguimento dell’ultimo pifferaio magico.
Riassumendo: uno scudetto, una coppa Italia, lo storico traguardo dei quarti di Champions, per tre volte secondo posto e per due terzo posto in campionato non contano nulla se un individuo porta la sua professionalità alla Juve. Provate a sentirli e a guardarli certi professori che offendono con un linguaggio incomprensibile il povero Giuntoli. Tanto, i professionisti del consenso saranno sempre pronti a scandalizzarsi per qualche coretto da stadio, ma mai si indigneranno dinanzi a tanta volgarità. In fondo che vuoi, il calcio si esprime anche con il tifo contro: è goliardia. Con tanti saluti a quella professionalità, ora criticata, che ha consentito il raggiungimento di risultati eccezionali. Applausi a Giuntoli, per il suo passato e per il suo futuro.
Paolo De Paola