Il calcio italiano come lo conosciamo oggi altro non è che lo specchio di ciò che ha iniziato Silvio Berlusconi. È innegabile, infatti, che l’ex presidente di Milan e Monza abbia lasciato un’impronta indimenticabile nel mondo dello sport, su piano nazionale e non solo. Lesto a fiutare un’occasione, bravo a trasformarla in un’impresa. Così è successo anche con il suo Milan, il quale lo vede entrare in società con l’acquisizione delle quote di maggioranza nel 1986. Un’ascesa veloce che lo ha portato in pochi anni sul tetto del mondo.
Fu come prendere una boccata d’ossigeno per il Milan degli anni ’80 che si trovava sull’orlo del precipizio, ad un passo dal fallimento. L’arrivo di Berlusconi cambiò radicalmente le sorti del club. Un lieto fine conosciuto da tutti che si può sintetizzare con il palmares degli anni d’oro rossoneri, 29 trofei in 31 anni.
Un’era fatta di intuizione, rivelatesi quasi sempre corrette. Perché alla base Berlusconi era questo, un visionario che su più fronti si è dato da fare ottenendo risultati storici.
Una storia fatta di successi nati dal duro lavoro di pochi uomini, ma fidati. Adriano Galliani e Ariedo Braida, rispettivamente amministratore delegato e direttore sportivo sono sempre stati al fianco di Berlusconi. Amici prima e spalla destra sempre, insieme hanno messo le basi per il Milan dei record.
Passo dopo passo l’entourage di Berlusconi ha scommesso ad occhi chiusi su profili poco quotati che hanno portato nella città della Madonnina i primi risultati strabilianti. È stato proprio Berlusconi il primo a credere in Arrigo Sacchi, e con lui la stessa estate sono arrivati in rossonero gli olandesi Gullit e Van Baasten. Una scalata repentina verso il l’Olimpo del calcio che ha visto il Milan trionfare per ben due anni consecutivi nella Coppa dei Campioni, prima nel 1989 e io nel ’90.
Gli anni d’oro apparentemente infiniti per i diavoli sono continuati con Fabio Capello. Anche in questo caso la fiducia del presidente è stata provvidenziale. Il tecnico, infatti, non vantava un’esperienza in prima squadra con club del calibro del Milan, aveva allenato Beretti e Primavera eppure ciò non spaventò Berlusconi, e il tempo gli diede ragione. Il risultato furono due scudetti consecutivi senza sconfitte e poi l’accoppiata tricolore e Champions League nel ‘94, quella contro il Barcellona di Crujff.
Certamente non mancarono i momenti di difficoltà negli anni a venire. Tra addi e ritorni poco brillanti il successo si è fatto attendere. Lo scudetto tornò tra le mani dei diavoli solo nel 1999. Negli anni 2000, invece, arriva la seconda tranche di successi con la guida tecnica affidata a un ex calciatore: Carlo Ancelotti. Un epilogo noto a tutti che vede Galliani affiancato da Italo Galbiati portare a Milano una serie di profili interessanti. Da Shevchenko a Nesta, passando per Pirlo, Inzaghi, Kakà, Ronaldinho che formavano una rosa inarrestabile agli occhi di tutti.
Il tetto d’Europa viene toccato ancora due volte, nel 2003 e 2007. Poi dieci anni di cambiamenti, nel Milan e nel calcio italiano. Gli interessi sono mutati fino ad arrivare al saluto definitivo tra Berlusconi e diavoli nel 2017.
Ma un amore così forte non ha conosciuto mai realmente fine. Berlusconi al Milan ha scritto in tutto e per tutto la storia. Ma la volontà di dare la stessa opportunità a una realtà verosimilmente più piccola ha avuto il via con il Monza, con il quale in appena due anni di soddisfazioni il presidente ne ha ricevute parecchie.
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