Chiuso il campionato ha preso il via in maniera ufficiosa il calciomercato, con tutte le sue evoluzioni e con i colpi di scena in serie che sono destinati a caratterizzare anche questa sessione di trattative.
La prima si è materializzata all'indomani della fine della Serie A, con il ribaltone in Casa Milan che dopo essere stato anticipato in esclusiva su queste colonne qualche ora dopo l'euroflop rossonero nel Derby contro l'Inter, ha preso forma sino a diventare ufficiale e definitivo a strettissimo giro di posta.
Una frizione che parte da lontano, quella tra Paolo Maldini e Gerry Cardinale, e che è stata ratificata nel colloquio lampo di lunedì con il quale le due parti in causa hanno compreso l'insostenibilità di una convivenza che era diventata ormai forzata.
All'ordine del giorno della mezz'ora di fuoco ci sono stati, nell'ordine, la posizione di Stefano Pioli come primo punto. Maldini avrebbe voluto quantomeno valutare con la proprietà l'opportunità di un cambiamento radicale, che potesse comprendere altri candidati cui affidare un progetto tattico che nelle idee della Leggenda rossonera non stava valorizzando a dovere gli investimenti che avevano caratterizzato l'estate del 2022. Risposta negativa di Cardinale, forte del rinnovo recentemente siglato da Pioli e che di fatto lega l'allenatore di Parma al Milan per altre due stagioni sportive.
Un altro aspetto sul quale le idee non hanno trovato possibilità di convivenza è stato quello del monte ingaggi. Maldini avrebbe voluto cercare di lavorare su profili di livello anche a parametro zero, che richiedessero però uno sforzo economico importante dal punto di vista degli emolumenti. Prospettiva respinta dalla proprietà, che considera imprescindibile l'equilibrio economico e non ha acconsentito alla prospettiva di sforare rispetto ad un tetto massimo che evidentemente non avrebbe garantito alla precedente gestione dirigenziale di poter portare avanti le idee sulle quali era stato instaurato il lavoro delle settimane antecedenti.
A questo nodo focale si lega il vero, grosso, punto di insostenibilità tra le due visioni di gestione. Da una parte l'ex Direttore dell'Area Tecnica avrebbe desiderato un margine di manovra quasi assoluto in chiave mercato, dall'altra la proprietà ha una visione opposta e che prevede un passaggio di accettazione obbligatorio prima di approvare ogni trattativa. Anche in questo caso, ci eravamo permessi di segnalare mesi addietro quanto i malumori stessero montando, fino ad esplodere in maniera irreversibile.
I piani futuri del Milan comprenderebbero una figura di personalità in grado di fare da collante tra il gruppo dirigenziale e la squadra: immediato pensare a uno che di carattere e carisma ne ha da vendere come Zlatan Ibrahimovic, il quale però, almeno per il momento, non sembra pienamente convinto della prospettiva. Servirà tempo, e fino ad allora i rossoneri proveranno ad aggredire il mercato con le idee di Moncada e con una gestione che farà capo e riferimento a Furlani: vero uomo chiave del nuovo corso, molto più di quanto non fosse Gazidis in precedenza.
Sarà una politica di mercato legata agli investimenti futuribili ed al tempismo di chiusura delle trattative. Nelle idee di base la volontà è quella di strategie rapide e senza “telenovelas” che si protraggono per buona parte dell'estate. Vanno letti in questo senso i tentativi di inserimento delle ultime ore su profili come Ndicka che sembravano già ben indirizzati verso altri lidi.
Tra gli obiettivi da inseguire, oltre al centrale mancino, spiccano evidentemente la priorità centravanti, un backup di Theo Hernandez al posto di Ballo Toure, un centrocampista centrale ed un esterno destro per completare il trittico sulla trequarti. Obiettivi ambiziosi sui quali i rossoneri non hanno intenzione di perdere tempo. Un esempio? Piaceva, e molto, Nico Williams. Costi troppo alti per il cartellino ed allora occhio all'Arsenal che pure apprezza parecchio il classe 2002.
Sull'altra sponda del Naviglio, invece c'è il deserto. Nel senso che tutti i pensieri, anche di chi è rimasto a Milano, sono proiettati all'altra parte d'Europa, ovvero all'Ataturk in cui tra qualche ora i nerazzurri avranno la duplice incombenza di giocarsi la propria storia e tenere alti i colori del tricolore nel Vecchio Continente dopo le sconfitte di Roma e Fiorentina. Comunque vada sarà una festa, certamente, ma è ovvio e inevitabile che una volta guardata la Coppa da vicino non riuscire a toccarla rappresenterebbe una delusione. Anche al cospetto della squadra più forte che ci sia, quasi ingiocabile ma con dei punti deboli.
L'Inter dovrà avere l'intelligenza ed il coraggio di non cadere nella tentazione di aspettare il corso degli eventi facendo da pungiball alle offensive di Guardiola, ma dovrà piuttosto tenere fede ad i propri punti di forza che le hanno consentito di arrivare senza patemi a questo punto della storia. Solo così le prospettive di scrivere un finale diverso rispetto a quello che tutti si aspettano potrà prendere forma. Per le scelte di formazione, al di là delle preferenze che ognuno può manifestare, fiducia assoluta nelle idee di Inzaghi. Il sogno lo ha creato lui, ed è opportuno e giusto che ci sia supporto senza discussioni in ogni scelta che il piacentino prenderà sabato sera. Per il mercato ci sarà tempo, anche se sui parametri zero le antenne sono sempre dritte: uno alla Ndicka avrebbe tutte le carte in regola per essere trattato anche dall'Inter, per esempio, anche se la Roma è troppo avanti e l'inserimento del Milan, tardivo, lo rendono pista poco percorribile. Ce ne saranno altre, con un occhio sempre attento al player trading.
Alla Juventus si attende sempre Giuntoli per far partire l'operatività dell'estate di mercato, anche se qualcosa si sta già muovendo. Alex Sandro è in uscita ed ha delle proposte dalla Turchia, Milik vede allontanarsi il suo riscatto ed i malumori veri o presunti per la conferma di Allegri potrebbero modificare i piani di diversi protagonisti. Uno su tutti è Federico Chiesa, come abbiamo avuto modo di raccontare, l'armonia dello spogliatoio sarà da costruire su una base tattica molto diversa rispetto a quella che ha contraddistinto le ultime due fallimentari stagioni.
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