Un sogno infranto all’ultimo respiro, al termine di una sfida apparentemente infinita che ha riportato, ancora una volta, l’Europa League in Spagna. Il Siviglia è campione, la lotteria dei rigori premia la squadra andalusa a discapito dei capitolini.
Roma e la Roma si vedono sfumare l’obiettivo dopo averlo toccato con un dito. Sotto il cielo di Budapest i giallorossi lasciano il campo solo dopo aver esaurito tutte le lacrime. È stata una sfida lunga ben 146 minuti, combattuta tra due forze opposte, una lotta tra titani vinta dai più esperienti. La settima meraviglia targata Europa League trova posto nel palmares del Siviglia, mentre a Roma si è costretti a riguardare la Conference dello scorso anno.
Pesa a tutti, ma a Mourinho un po’ di più. Per lo Special One è la prima sconfitta in una finale europea, lui che su cinque occasioni ne ha centrate altrettante si ritrova a dover fare i conti con la bestia nera della competizione e con un arbitraggio discutibile che ha inevitabilmente condizionato le sorti della sfida.
Non basta un ritrovato Dybala, che contro ogni pronostico veste la maglia da titolare, da il tutto per tutto in campo e pure trova la via del gol. Il vantaggio a firma dell’argentino fa gioire i 25 mila presenti alla Puskas Arena e i restanti 50 mila dell’Olimpico; poi l’autogol di Mancini frena gli entusiasmi e dopo 146’ la si decide ai rigori. Determinanti gli errori di Mancini e Ibanez dal dischetto.
Ma la Roma esce a testa altissima dal rettangolo verde ungherese. Mou era ad un passo dall’impresa bis, nonostante una panchina corta e la Joya a mezzo servizio. Un rigore non dato e una serie di ammonizioni rivedibili con una presumibile espulsione per gli andalusi mai segnalata. Insomma, la Roma torna a casa a mani vuote ma la notte di Budapest lascia un segno indelebile nei giocatori, nel tecnico e nelle migliaia di tifosi che ci hanno creduto fino all’ultimo secondo.
Adesso è lecito aprire un capitolo sul futuro, di Mourinho e della squadra. Lo Special One cambia prassi, se la riconferma poteva apparire come un’utopia fino a poco prima di questa finale dopo ieri rivengono rivalutate tutte le carte in tavole. Cos’è cambiato? Adesso il tecnico appare affamato di riscatto, ma detta legge e sbatte i pugni. Merita di meglio, lui come i suoi giocatori è un chiaro schiaffo morale alla società. Non può essere frainteso. Il portoghese nel discorso a fine gara, trattenendo le lacrime e provando ad asciugare quelle dei suoi ragazzi, parla chiaro: “Non ho nessun rimpianto. Io resto qua, voglio restare qua per voi, punto e basta”.
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