Le parole di Mourinho sono l'ultima chiamata per i Friedkin e scolpiscono la finale di Budapest, persa ai rigori da una grande Roma contro un eccezionale Siviglia che ha di nuovo scritto la storia, vincendo la sua settima Europa League. Nella notte ungherese, José dixit: "Lunedì andrò in vacanza e la vacanza è vacanza. Io voglio rimanere, però i miei giocatori meritano di più e anch'io merito di più. Voglio lottare per qualcosa di più. Sono stanco di essere l'allenatore, l'uomo di comunicazione, l'uomo che protesta contro i torti arbitrali, la faccia della Roma che dice siamo stati derubati; sono stanco di essere stanco. La prossima stagione non giocheremo in Champions League e questa, per quanto paradossale, è una buona notizia poiché la Roma non è ancora una squadra di Champions League, ma io e i miei giocatori meritiamo di più". Da quando hanno acquistato il club, i Friedkin hanno fatto grandi cose: sul campo, dove hanno vinto la Conference League e un anno dopo sono arrivati in finale di Europa League; fuori dal campo, costruendo una società moderna e ambiziosa.
Soprattutto, hanno ingaggiato Mourinho, l'uomo capace di sollevare un'incredibile ondata di entusiasmo, scandita dai 32 sold out consecutivi all'Olimpico e da una passione pazzesca che ha portato 25 mila romanisti a Budapest e 60 mila all'Olimpico, incollati davanti ai sei maxischermi. È proprio questo Il rischio più grande che i Friedkin corrono oggi, se José non rimane: scialacquare l'enorme patrimonio immateriale, ma dal valore inestimabile, accumulato nei due anni del signore di Setubali. Non ci sarà una grande Roma se non ci sarà Mourinho a guidarla. Oggi è il primo giugno: non sappiamo se nei quattro giorni che separano la società dalle vacanze di José, ci sarà la ricucitura di un rapporto, incredibilmente sfilacciato fra la proprietà e l'allenatore. Sappiamo che sarebbe un peccato capitale fermare la crescita della Roma, non rafforzandola, non potenziandola come la squadra merita. La squadra di Mourinho.
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