La battaglia con l’Uefa stabilirà il futuro della Juve. La Christillin ha sbagliato. Occorrono nuovi codici di comportamento. John Elkann trovi la figura giusta per riaffermare quella reputazione rappresentata dall’Avvocato

L’Uefa che fa pressione indebita sulla Juve e sul nostro calcio, la Christillin che interviene a sproposito scatenando l’indignata reazione di Lapo Elkann, la giustizia sportiva che sbaglia tempi e modi. Tutto vero, tutto irritante, ma vogliamo risolvere il problema o trasformare la vicenda in un ennesimo scontro infinito, una specie di Calciopoli 2? Se accadono certe cose (esagerate certamente) ci sarà pure un motivo e non riguarda solo l’accanimento terapeutico verso la stessa squadra che sta sulle scatole a mezza Italia. C’è un territorio ancora inesplorato sul quale intervenire con efficacia. Comincio dall’ultimo capitolo di un pregevole intervento di Fabrizio Bava commercialista, docente universitario e moderato, come si auto definisce, sostenitore della Juve. “E allora qual è il maggior rischio da cui deve tutelarsi la Juve? È il rischio reputazionale. Lo so che ora qualche tifoso farà una smorfia ma, a mio parere, per la Juve la reputazione deve venire ancora prima delle vittorie sul campo. L’unico modo per difendersi in modo efficace da eventuali nuove future accuse e spazzare via questa fastidiosissima (per i tifosi juventini naturalmente) abitudine ad additare alla Juventus qualsiasi nefandezza, è essere eticamente inattaccabili. Lo devono essere i giocatori in campo, a costo di ottenere una punizione o un rigore in meno, e lo devono essere ancor di più vertici e dirigenti. Quando la Juve ci riuscirà, l’odio con il tempo scemerà e lascerà il posto soltanto all’invidia”. Ora, non credo che l’odio lascerà posto all’invidia però condivido il concetto. Inoltre capisco che per un commercialista vengano prima i numeri e i discorsi tecnici, ma quello etico dovrebbe essere il primo punto nell’agenda della nuova dirigenza bianconera. Si passa solo da qui per un radicale cambio di marcia. 

Il problema reputazionale è stato sottovalutato se non sottaciuto eppure è alla base del successo di qualsiasi impresa che voglia continuare a stare sul mercato per altri decenni. La reputazione narra l’azienda. Dietro ogni marchio c’è una storia che non può essere offuscata dai colpi della giustizia sportiva senza trovare, al proprio interno, validi anticorpi. È un problema avvertito in maniera drammatica dagli stessi tifosi radicati in uno scontro senza senso contro gli “altri” tifosi. Sì, proprio tutti gli altri. Nel nostro Paese ormai esistono gli juventini e gli anti juventini. Stop. E non saranno certamente interventi acchiappaconsensi di Giuseppe Cruciani che potranno convincere i sostenitori bianconeri ad uscire dal calcio italiano per trovare pace altrove. Al contrario bisognerebbe seriamente affrontare il discorso etico con delle iniziative che siano d’avanguardia e da esempio per tutti. Sarebbe necessario dotarsi di un vero e proprio codice di comportamento, da pubblicare, per tutti gli ambiti della società. Occorrerebbe una figura istituzionale di garanzia, un saggio riconosciuto in Italia e all’estero che stabilisca una linea di demarcazione con il passato. Insomma fatti, atti concreti su un tema sul quale si è esercitata solo una sterile retorica sul Dna vincente. In fondo si tratta di ritrovare uno stile perduto senza cercare avvocati in serie, ma un solo Avvocato con la A maiuscola. O almeno qualcuno che non ne faccia sentire così tanto la mancanza. 

Paolo De Paola

 

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