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Polveriera Milan: Pioli salva il posto, ma a che prezzo? Maldini rischia…

Era facile prevederlo: chi avrebbe perso il derby, avrebbe visto la crisi esplodere in casa.

In casa Inter si viveva sempre a un passo dal repulisti quindi non c’era nemmeno da immaginarlo, e invece è finita che Steven Zhang in diretta con me su Sportitalia ha dato la conferma per Simone Inzaghi la prossima stagione.

La situazione invece si è completamente ribaltata sul Milan, e la crisi automatica ha assunto contorni inimmaginabili: perché è finita che Pioli agli occhi del club è riuscita a scamparsela per ora, a scapito di Maldini. Non per una alternativa diretta, ma per la sfida pubblica lanciata da Paolo alla proprietà, che se si applicasse la logica non potrebbe che finire con il licenziamento del dipendente.

Questo anche se il mondo milanista è al momento inviperito con l’allenatore scudettato: un sentimento che non cambierà nemmeno se arriverà il quarto posto (dovrebbe farcela salvo disastri), perché abbastanza diffusamente il milanista ritiene che Pioli abbia dato il massimo che potesse con lo straordinario scudetto e l’altrettanto straordinaria semifinale, ma allo stesso tempo tutti i rossoneri hanno aperto finalmente gli occhi sul gioco scadentissimo offerto quest’anno e Leao-dipendente, con una netta involuzione di quegli stessi singoli che l’anno scorso si erano esaltati.

Ma Pioli nel post-partita ha parlato di una realtà virtuale in cui il Milan aveva fatto male solo per 15 minuti su 180. Ora, ripeto sempre che gli allenatori non sono pagati per dirci la verità in conferenza o nelle interviste, quindi possono dire la qualsiasi senza che questo sia un male.

Ma se Pioli crede davvero di aver giocato alla pari per 165 minuti, ecco che il Milan facile facile ha trovato la matrice dei propri limiti.

A questo discorso a cui nessun milanista ha creduto, ha aderito però a sorpresa la proprietà, evidentemente contenta di un allenatore che non pretenda il salto di qualità in termini di mercato.

Da contraltare il discorso di Maldini: con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue, persino brutale, ha tessuto le lodi dell’Inter anche più di quanto avrebbe fatto qualche interista, evidenziando di contrasto quanto i suoi non fossero stati all’altezza.

Un discorso però anche pro domo sua, perché è finito per puntare il dito contro la mancanza di investimenti.

Torto non ne ha, anche se quel poco che RedBird gli aveva dato da investire, è stato investito male (e per quanto poco, è stato pur sempre il secondo budget più grosso d’Italia!).

Maldini non è un personaggio che scende a compromessi, lo si è visto anche con le perdite a zero di Donnarumma, Calhanoglu e Kessié. Se questo può far gonfiare d’orgoglio i tifosi, è anche però un difetto, perché nel ruolo che occupa Maldini bisogna anche all’occorrenza poter scendere a compromessi: non sempre, ma a volte quando per esempio ti permette di guadagnare decine di milioni con una cessione.

La cosa incredibile è che si va diffondendo quello che sembrava semplicemente inconcepibile: ovvero che si allarghi il dissenso nel mondo milanista verso Maldini Paolo, fino a poche settimane fa dio incontestabile.

Ma più e peggiore di questo è il malcontento della proprietà verso Maldini: un direttore a cui il contratto è stato rinnovato a 50 minuti dalla scadenza, e che comunque incarna talmente la storia del Milan da potersi permettere di gettare la proprietà in pasto al malcontento.

La partita è tutta da giocare, Maldini ha un contratto fino al 2024, e quindi non è detto che qualcosa cambi.

Ma come si suole dire, non si sta in paradiso a dispetto dei santi. E nemmeno del Cardinale.

Redazione

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