Nel suo consueto editoriale del mercoledì su Sportitalia.com, l’esperto di mercato Alfredo Pedullà ha fatto il punto sulle situazioni più calde del calcio italiano del momento. Ecco la versione integrale di seguito.
Cristiano Giuntoli aspetta l’aritmetica per uno scudetto, quello con il Napoli, che ha vinto da almeno tre mesi. Meglio ancora: che ha vinto quando piovevano critiche, storia della scorsa estate, perché stavano andando via gli intoccabili o presunti tali. Sembrava la smobilitazione, era l’anticamera di una stagione fenomenale. Aveva preso Kvaratskhelia a marzo 2022, nessuno se n’era accorto. Meglio: se n’erano accorti, eppure avevano commentato come se fosse arrivato pizza e fichi, l’ultimo degli sconosciuti, un georgiano scarso. Kim non era certo una marca di sigarette, ma un difensore con i fiocchi. Al punto che se oggi, lo ripetiamo fino alla noia, per puro caso De Laurentiis decidesse di mettere sul mercato il georgiano, il sudcoreano e il nigeriano (Osimhen) incasserebbe una cifra-monstre non inferiore ai 330 milioni. Quel “magazzino” è la forza di Giuntoli. Ora, aspettando l’aritmetica e avendo messo in soffitta la calcolatrice da un paio di mesi, la domanda che Giuntoli – non pubblicamente ma intimamente – si pone è la seguente: “Non pensi, caro Cristiano, di aver fatto il massimo?”. Parlano della possibilità di aprire un nuovo ciclo a Napoli, ci può stare, ma lui è con De Laurentiis dal 2015 e nessuno può essere nella sua testa, nessuno può dare per scontato che lo scudetto non venga visto come il massimo obiettivo raggiungibile. Giuntoli ha un altro anno di contratto, quindi per essere liberato ci vorrebbe il placet di De Laurentiis. Ma i rapporti sono tornati eccellenti, non potrebbe essere diversamente per i risultati sportivi ottenuti e per il magazzino che ha raggiunto livelli stratosferici. Giuntoli è dalla scorsa estate, facciamo fine estate, il primo obiettivo della Juve che un direttore sportivo dovrà pur prenderlo ben oltre la situazione contrattuale che lega Allegri ai bianconeri per altre due stagioni. Giuntoli alla Juve sarebbe il completamento di una carriera figlia della gavetta, un gradino per volta fino a vedere l’empireo. La Juve continua a mettere Giuntoli in cima alla lista, il diretto interessato aspetta l’aritmetica per una fantastica festa tricolore e poi parlerà con De Laurentiis (se non l’ha già fatto). Se restasse a Napoli, sarebbe fastidioso farlo in scadenza di contratto. Ma di rinnovo, per ora, non si parla. Vedremo. La Juve avrà pazienza prima di andare su altre spiagge: oggi la priorità sarebbe quella di tuffarsi nel pescosissimo mare di Giuntoli.
Federico Chiesa non è soddisfatto, il broncio durante la sostituzione a Bologna è comprensibile. Chiesa non è soddisfatto perché la sua collocazione tattica è un bel terno al lotto, ogni partita prevede un ribaltone e sinceramente non se ne può più. Come se non bastassero i contrattempi (chiamiamoli così) che Federico ha dovuto sopportare dopo un infortunio che ha lasciato il segno ben oltre la guarigione clinica. Ma la ragione è dalla parte di Chiesa: a Milano contro l’Inter in Coppa Italia addirittura finto centravanti, abbandonato nel deserto, il ruolo peggiore per le sue caratteristiche. Poi torna sulla fascia, all’interno di rivisitazioni tattiche continue che generano confusione. Il direttore di un quotidiano sportivo dice che sono vomitevoli i pregiudizi nei riguardi di Allegri. A parte il linguaggio opinabile, vomitevoli sono state alcune scelte giornalistiche in passato che non toccavano la tecnica o la tattica. Sui social bisogna saperci stare e accettare le critiche, non scappare a fari spenti nella notte. Tornando a Chiesa, noi siamo dalla sua parte e comprendiamo il broncio al Max. Ennesima conferma di quanto Allegri, dal suo ritorno nell’estate 2021, sia riuscito a peggiorare i calciatori – compresi quelli bravissimi – piuttosto che a migliorarli. Per ulteriori informazioni rivolgersi, prima e dopo i pasti, a Dusan Vlahovic.
Igli Tare pensa che chi ascolta sia sprovveduto e si occupi di giardinaggio piuttosto che di calcio. Nel pre-partita di Inter-Lazio, pur di mettere ulteriori pressioni al suo allenatore, ha dichiarato che sarebbe importante arrivare al secondo posto in modo da garantirsi la partecipazione alla prossima Supercoppa. Premesso che un direttore sportivo dovrebbe parlare di altro a pochi minuti da una sfida, Marotta per esempio è equilibrato e non invade il campo altrui, il discorso è fuoriluogo e suona come provocazione. La Lazio seconda è nettamente inferiore ad altri organici, lo si è capito nella mezz’ora finale della gara in casa dell’Inter quando Simone Inzaghi ha pescato dalla panchina Calhanoglu, Gosens e soprattutto Lautaro, ulteriore conferma della potenza/profondità/qualità della rosa a disposizione. Ma Tare deve andare controcorrente, dopo aver partecipato in modo marginale alla sessione estiva di mercato e i risultati (positivi) si sono visti. Esattamente come andava controcorrente quando, sempre per mettere pressione a Sarri, aveva voluto mandare un messaggio indiretto che senza la qualificazione in Champions la stagione della Lazio sarebbe stata fallimentare. Va bene che si può dire di tutto e di più, ma ci sono momenti e momenti, come al solito Tare ha scelto quelli sbagliati. C’è chi esce di casa soltanto quando ci sono due sconfitte di fila, allo scopo di criticare. Compreso Bruno Giordano, uno che da allenatore ha sempre fallito, pronto a scaricare quintali di veleno su Sarri. E capace di chiedere spiegazioni, udite udite, sul mancato utilizzo di Cancellieri. Il concetto va ribadito fino alla noia: per la Lazio sarebbe un capolavoro andare in Champions, siamo convinti che un eventuale sondaggio darebbe un plebiscito o quasi. Un capolavoro a maggior ragione se acciuffasse il quarto posto all’ultimo minuto dell’ultima giornata. Questo dovrebbe saperlo lo stesso Tare piuttosto che creare turbative tanto per ribadire la sua grandezza (giustificata da zero fatti) nei riguardi del mondo. Vorremmo rivolgere una domanda al direttore sportivo: quante volte in carriera è andato in Champions nella sua pluriennale esperienza da dirigente con la Lazio? Quattro volte, cinque volte, una volta appena, quante in tutto? Consigliamo di aspettare la fine della stagione perché Sarri avrà molte cose da dire, anzi moltissime. L’allenatore non ha certo cambiato idea su incompatibilità insopportabili, ma prima vuole fare di tutto e di più per conquistare una qualificazione che sarebbe un risultato straordinario. E che di sicuro non apparterrebbe a Tare.