Cominciamo dall’Inter. L’opera di ricucitura silente di Marotta è stata superlativa. Ha ricostruito rapporti nello spogliatoio, smussato spigolosità e ripristinato un ambiente favorevole a un tecnico sull’orlo del precipizio. Il capolavoro contro il Benfica porta, principalmente, la sua firma. Inzaghi (ennesimo ko in casa contro il Monza) ha poco da rimuginare sulle critiche e molto da farsi perdonare in campionato. La sua permanenza è legata a questo miracoloso percorso in Champions e a una carta di riserva chiamata coppa Italia. È tutto ancora aperto, con Conte in attesa e il forte brusio attorno al cambio di proprietà con la new entry Radrizzani che intanto fa girare il suo nome.
Girano le scatole, invece, per il dopo partita fra Milan e Napoli.
Giocatori che si arrabbiano con l’arbitro li abbiamo visti quasi in ogni partita. Presidenti, dirigenti e allenatori che urlano contro il direttore di gara, nel dopo partita, pure. Capita sovente, ahinoi. Mai avevamo ammirato, però, giornalisti inveire contro l’arbitro che passa in zona mista. Reporter travestiti da tifosi del Napoli (complimenti alla società per aver condannato l’episodio) sono arrivati a tanto sotto lo sguardo allibito del presidente arbitri Uefa Rosetti, anche lui oggetto di attacchi velenosi solo perché “torinese”. Poi ci interroghiamo sul clima mefitico attorno al calcio quando picchiano un ragazzo che indossa la maglia della Juve in giro per Roma. È allucinante che un presidente come De Laurentiis, a un passo dalla conquista dello scudetto, sia costretto alla scorta per le intemperanze di un gruppo di tifosi-delinquenti, sostenitori (a modo loro) della stessa squadra! Mai vista una roba del genere. C’è troppa tensione su qualsiasi argomento e si fa pochissimo per evitare di alimentarla. Uno scrittore napoletano ha definito il direttore di gara di Milan-Napoli “arbitro marrone e maleolente”. Lo stesso scrittore, però, si indigna per i cori offensivi allo stadio. Siamo tutti pronti a fare la morale agli altri, ma badiamo poco ai nostri comportamenti. Eppure, questa settimana ci consegna un’altra bellissima pagina del calcio italiano in Europa con la possibilità altissima di vedere una nostra squadra in finale di Champions. I tifosi di Milan e Napoli sono stati protagonisti di rapporti cordiali prima (in piazza Duomo) durante e dopo la gara incrociandosi, serenamente, anche in metropolitana. Lo stesso non può dirsi per il comportamento di alcuni (pochi per fortuna) addetti ai lavori capaci di seminare solo odio sportivo attraverso le loro gesta. Milan-Napoli è stata intensa, spettacolare e aperta a qualsiasi pronostico anche per la gara di ritorno. Tutti i quotidiani hanno sottolineato la vittoria del Milan, sempre più concentrato sulla Champions, senza dimenticare l’ottima prestazione di un Napoli che ha sfiorato il pareggio in dieci uomini. L’arbitraggio, mediamente, è stato da 5 per i giornali sportivi, quindi non così disastroso da incidere negativamente sul risultato.
Ogni lamento eccessivo è, dunque, difficilmente comprensibile, ma è fra le pieghe di queste situazioni che si insinuano sobillatori, odiatori e autentici provocatori. Nel caso del Napoli li troviamo in curva, come dietro un microfono. La differenza (se c’è) è minima. Lo ha detto Spalletti con una esagerazione voluta. Nella gara di ritorno non vuole sentire stonature altrimenti andrà via dalla panchina. Ha perfettamente ragione. Il Napoli è meraviglioso, non merita certi strappi e soprattutto non merita una parzialità involuta che vede nemici a ogni latitudine e addirittura in casa.
Il rumore dei nemici richiama alla mente una Juve sempre più oggetto di trattative attorno allo spauracchio della giustizia sportiva. Anche se, forse, il ragionamento andrebbe esteso alla giustizia in generale. Ci sono troppe variabili che rendono poco credibile il sistema. Quali sono i parametri se un giudizio può apparire condizionato dal tifo, dall’avere un’anima animalista o dal possedere un convincimento no vax? Ipotizzare una sentenza nei diversi gradi di giudizio, ormai, è una scommessa da 1-X-2. Si aspetta con ansia il 19 aprile per scoprire quale sarà il livello di patteggiamento. Radio “mercato del pesce” suggerisce questa ipotesi: se dovesse essere confermata la penalizzazione di 15 punti, non ci sarà un ulteriore inasprimento sul secondo filone degli stipendi spalmati. Altrimenti, la mannaia tornerà a colpire la Juve nel nome del fatidico articolo 4 relativo alla lealtà sportiva. Quindi non più infrazioni dell’articolo 31 riguardante le violazioni in materia gestionale ed economica, ma il controverso riferimento alla lealtà che ha suscitato già tante perplessità in sede di Corte d’Appello. La classifica attende fiduciosa. Come l’Europa League. In campo è riapparso il solito difetto della Juve targata Allegri di chiudersi in difesa dopo il golletto di vantaggio. Terminare la sfida con lo Sporting, in affanno, facendo melina per difendere il risultato è la fotografia di una squadra incapace di superare una mentalità sparagnina e inutilmente rischiosa. Se non c’era san Perin era 1-1. Insomma, soliti dubbi su Allegri.
Nella polemica fra Cassano e Mou non c’è invece alcun dubbio, si sta dalla parte del portoghese, però, con un avviso al tecnico: quando scende a certi livelli ha solo da rimetterci. Le cassanate non hanno alcun valore se ignorate. Rispondendo a certi personaggi ci si sporca solo di fango e gli schizzi arrivano ovunque.
Paolo De Paola
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