Arrivederci Pasqua e pure Pasquetta, ci siamo divertiti. Chi più, chi meno. Il qui presente ha un principio di acetone: il mix “cioccolato di dubbia qualità + birrette” è stato come sempre fatale. Ma non divaghiamo.
Ieri è stato il giorno dello scontro Cassano-Mou. Anzi no, eravamo già alla terza stagione. Nella prima Cassano ha sparato altissimo, una cosa tipo “Mourinho ormai vale poco”; nella seconda Mourinho ha risposto che Cassano non ha vinto una mazzafionda; ieri Cassano ci ha tenuto a ribadire che non le ha prese da Livaja e non ha paura di nessuno, neppure del Dalai Lama. Ecco, il fatto che il qui presente dia spazio a codesto botta e risposta dovrebbe essere un buon motivo per interrompere la lettura. Ma ormai avete cliccato e comunque vi ricordo che ho un principio di acetone, abbiate pietà.
La verità è che nei giorni di festa accade poco o nulla e tocca arrangiarsi, beati quelli che non hanno di questi problemi e si sono concessi la gita fuoriporta. Per dire, avete visto la marea di gente che ieri ha omaggiato il murale di Maradona ai Quartieri Spagnoli? Impressionante. “Largo Maradona” è diventato un santuario, piaccia o non piaccia. Potere del Pibe, potere di Napoli.
Ma oggi è il giorno della Champions, inutile cincischiare. Iniziano i quarti e francamente preferiamo evitare il solito bla bla su quanto l’Inter sia in difficoltà, né alimentare il chiacchiericcio sul dissesto generale. Per quello c’è la coda di osservatori e avvoltoi. Preferiamo in definitiva restare sulla partita di questa sera, difficile, difficilissima. Partiamo da una certezza: è la sfida più importante dell’Inter degli ultimi 12 anni perché è vero, l’obiettivo principale resta la qualificazione alla prossima Champions, ma quanto a riflettori puntati non c’è davvero paragone col nostro piccolo calcio nazionale.
I portoghesi sono reduci dalla prima sconfitta del 2023 (1-2 col Porto) ma a livello di “gioco” e prestazioni fanno impressione e ci regalano un’altra certezza: l’Inter dovrà disputare una partita molto diversa rispetto alle ultime. Laddove in giro per l’Italia i nerazzurri, pur non vincendo mai, hanno tenuto il pallino del gioco e creato occasioni a raffica (sfruttate malissimo), al da Luz saranno costretti a 90 minuti di contenimento e ripartenze, la qual cosa può anche essere un bene.
La squadra di Inzaghi ultimamente è parsa troppo prevedibile, pensare di giocare negli spazi che – si spera – il Benfica potrebbe concedere non è una cattiva notizia a patto che “quelli là”, ovvero gli attaccanti, ritrovino l’indispensabile precisione sotto porta.
Chi gioca? Ovviamente i, definiamoli, “titolari”, con un paio di ballottaggi: Dimarco o Gosens a sinistra, Dzeko o Lukaku davanti, con i primi in vantaggio sui secondi. Qui si va a preferenze. Gosens è parso più in palla e difensivamente dà maggiori garanzie di Dimarco, Dzeko potrebbe essere più utile in una partita dove la tecnica può servire più della fisicità. Ma trattasi di chiacchiere, la certezza è che si va in campo per conquistare un posto tra le 4 grandi d’Europa e questo a inizio stagione non lo avrebbe immaginato nessuno, neppure i polemici a tutti i costi.
Ah, un’ultima, rapidissima questione, ma parecchio sentita: smettiamola di credere che qualunque cosa sia responsabilità dei tecnici, così facendo troveremo sempre quello che ci serve (un colpevole) ma moltiplicheremo alibi in quantità per questo e quell’altro. Pioli contro l’Empoli ha messo in piedi un legittimo e stra-ragionato turnover. Ha preservato qualcuno dei suoi giocatori più importanti in un mese intasato e complicatissimo, nonostante tutto ha dominato la partita (zero conclusioni degli avversari). Il resto – diciamolo ad alta voce – toccava a chi è sceso in campo: un giocatore che ha segnato in una finale di Champions (Origi), uno che ha giocato una finale Mondiale (Rebic), tutti gli altri nove + riserve. Gli strumenti per vincere la gara l’allenatore del Milan li ha messi ampiamente a disposizione, il resto dovevano farlo loro, i giocatori. Altrimenti diciamo che i signori in panchina devono anche iniziare a fare gol e amen.
E il discorso vale pari-pari per Inzaghi e la sua Inter: oltre 80 occasioni create nelle ultime quattro apparizioni in campionato e due soli gol (uno su rigore). Uno spreco impressionante. Poi per forza ti viene l’acetone…
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