Parte il conto alla rovescia: la settimana che inizia, vedrà sei club italiani impegnati nelle notti europee, fra Champions League, Europa League e Conference League. L'Inter di Inzaghi si gioca tanto, domani contro il Benfica: in campionato la situazione per Lukaku e compagni si è via via fatta complicata e dunque sul bilancio stagionale e sul futuro del tecnico peserà senz'altro il cammino internazionale.
Ai microfoni di SPORTITALIA è intervenuto Antonio Simões, ex leggenda del Benfica, con cui ha preso parte a ben 4 finali di Coppe dei Campioni, vincendone una, contro il Real Madrid nel 1961/62.
Vede un favorito nella sfida di domani?
"Vedendo la situazione attuale dell'Inter, credo che il Benfica abbia un leggero vantaggio. Mi sembra più forte in questo momento. Chiaramente sarà un match molto aperto e saranno entrambe delle partite equilibrate. Se il Benfica da un lato attacca meglio e trova il gol con grande facilità, l'Inter si difende altrettanto bene. La cultura difensiva fa parte dell'Italia da tanti anni".
Quali sono i punti di forza di questo Benfica?
"Non ci sono 'Re' nel Benfica, ma tanti 'principi', diciamo così. Qualcuno è più bravo degli altri, ma ad esaltarsi è il collettivo. E' una squadra molto forte nel suo insieme e nel gioco che esprime. Tutti sono bravi a giocare il pallone e sanno cosa fare, per questo non faccio un nome in particolare, ma è la filosofia di gioco l'arma in più".
L'Inter ha il dubbio in attacco, con Lukaku che non si presenta nelle migliori condizioni, soprattutto mentali.
"Lukaku è un attaccante molto forte fisicamente e cresciuto molto anche tecnicamente. E' un giocatore importante, che può fare la differenza, senz'altro. Allo stesso tempo lo vedo come un attaccante che dipende un po' dalla squadra dietro di lui. Ho giocato con grandi attaccanti, che per fare la differenza non avevano bisogno di avere sempre grandi opportunità, ma gli bastava un 60% per colmare il resto da sé e segnare".
Questo Benfica può essere più forte anche della famosa maledizione di Bela Guttman?
"Nonostante sia passato alla storia, Guttman non ha mai parlato di una cosa del genere. Lui se ne andò dopo che si sentì trattato male e disse quella frase: 'Me ne vado, ma il Benfica non sarà mai più campione europeo'. Poi il club portoghese perse delle finali e per questo passò il concetto della maledizione. Ma è più facile metterla in questi termini, invece di analizzare le partite e vedere cosa andò storto in ognuna di esse".
Che ne pensa del livello del calcio italiano, oggi?
"Il livello del vostro calcio oggi è molto diverso rispetto a quello di un tempo. In questa stagione mi sembra che ci sia meno equilibrio per la grande stagione che sta disputando il Napoli. Rispetto a quando giocavo io, poi, i migliori giocatori oggi preferiscono altri campionati, come la Premier League, su tutte. Ma questo è un discorso soprattutto economico".
Ha giocato 4 finali di Coppa dei Campioni. Che ricordo ha di questi anni in cui formava una coppia che faceva tremare il mondo, con Eusebio?
"In 14 anni al Benfica, con più di 300 partite giocate, ci sono state tante notti di grandi soddisfazioni, vittorie e l'onore di rappresentare questo club ed il Portogallo nel mondo. Non posso dimenticare le finali… Contro il grande Real, contro il Milan di Altafini e Trapattoni, contro l'Inter in cui giocammo con giocatori infortunati e fuori ruolo. Ma anche con lo United, in cui misi Eusebio davanti al portiere a pochi minuti dalla fine senza che riuscissimo a segnare. Con Eusebio era bello giocare. Talento, esplosività, velocità di decisione".
Che ricordo ha della Grande Inter di Herrera?
"Ho un grande ricordo di quella squadra ed in particolare di Herrera, di grande rispetto. Ha segnato la sua generazione di allenatori. Ha cambiato il calcio di quell'epoca. Poteva stare più o meno simpatico, ma aveva dentro la cultura calcistica italiana e mise il marchio di fabbrica in un certo modo di interpretare questo sport. In particolare su come si deve difendere e come contrattaccare con molta efficacia. Devo dire una cosa in merito".
Prego.
"La storia del calcio ha avuto tanti altri grandi allenatori come Sacchi, per dirne uno, ma una cosa non è mai cambiata: quando hai più talento, hai più possibilità di vincere. Se hai Messi, Pelè, Maradona, è più difficile batterti. E fra l'altro non riesco a pensare a cosa avrebbero potuto fare i grandi dei miei tempi nel calcio di oggi, dove si cura così tanto l'aspetto fisico e la velocità di gioco, e dove infatti vengono battuti molti record individuali".
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