Mentre arrivano i primi provvedimenti per quanto successo durante Juventus-Inter con protagonista, suo malgrado, l'attaccante nerazzurro Romelu Lukaku – bersagliato da insulti ed ululati di tipo razzista prima e dopo il calcio di rigore che è valso l'1 a 1 finale – l'Italia del pallone si interroga sul tema della discriminazione negli stadi, che periodicamente torna ancora, tristemente in auge.
Ai microfoni di SPORTITALIA è intervenuto in esclusiva l'ex giocatore di Lazio, Chievo e Juventus, Christian Manfredini, il quale già quando giocava aveva segnalato di aver assistito ad episodi simili.
Che ne pensa di quanto successo?
"Questa è una cosa che accadeva già quando giocavo io e sono passati più di vent'anni. È la stessa identica cosa di sempre. Non ha senso additare un giocatore soltanto per il colore della pelle, non va bene, ma siamo sempre lì".
Si ragiona sul fatto se bastino le solite squalifiche, dato che è un tema che ritorna periodicamente.
"Non lo so, non saprei neanche cosa suggerire a chi governa il calcio in Italia. Perché che colpa ne ha la società se pochi stupidi si mettono ad insultare un giocatore? Non ha neanche senso dare l'ammenda al club o sospendere il settore dello stadio, probabilmente. Certo, qualcosa va fatto e va bene lanciare segnali".
Cos'altro si dovrebbe fare?
"Bisognerebbe educare: quello sì servirebbe. Ma ovviamente non possiamo educare tutto il mondo, se una parte di esso vuole comportarsi così lo continuerà a fare. Secondo me non bisogna darci così tanta importanza e risonanza. Beh, per Lukaku mi dispiace ed è giusto che si arrabbi, ma l'importante è la solidarietà fra i calciatori. Le faccio un esempio".
Prego.
"In Juventus-Inter partono i soliti ululati? Che siano i calciatori bianconeri ad andare dai propri tifosi a dire di smetterla di farlo. Non sono nemmeno d'accordo con quanto successe per esempio con Balotelli o Boateng".
Ci spieghi.
"In quel caso, loro stessi andarono dall'arbitro a chiedere di sospendere la partita. Secondo me devono essere i calciatori della stessa squadra che vanno dai propri tifosi ad intervenire, sarebbe molto più utile".
Nel corso della sua carriera ha assistito ad episodi simili?
"E' capitato anche a me, cori e ululati sono sempre uguali… "Uh, uh, uh", e si ricomincia. Ma sono sicuro di una cosa che se queste stesse persone le incontrassi al supermercato o per strada mi chiederebbero foto e autografi. Allo stadio invece ci si lascia trasportare perché secondo la gente al posto migliore per fare cose stupide".
L'Italia è razzista?
"L'Italia non è un paese razzista vivo qui da moltissimo tempo e le cose sono molto cambiate nel corso degli anni. Oggi per esempio anche nelle stesse scuole ci sono molti più ragazzi di colore rispetto ad una volta. E uno di questi sono io: un ragazzo di colore adottato che i bambini a scuola vedevano in modo strano, perché diverso. Ovviamente non perché fossero cattivi o razzisti".
Per abitudine?
"Sì, semplicemente perché non vedevano tanti ragazzi di colore. Gli unici che conoscevano magari erano i venditori ambulanti nelle spiagge. Oggi non è più così. Sono ancora pochi, ma sono comunque molti di più di una volta e vedi un sacco di ragazzi stranieri integrati perfettamente. Anche se sono ancora pochi rispetto ad altri paesi vicino a noi come la Francia il Belgio e il Portogallo".