A quasi undici anni dalla sua prima positività al doping, Alex Schwazer torna protagonista in tribunale: finale amaro
Nessun colpevole, o meglio uno solo. La Procura di Bolzano, alla fine ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dell’indagine sull’ultimo capitolo ancora aperto e legato alla positività di Alex Schwazer nel 2015, la seconda nella carriera del marciatore azzurro. Così l’unico colpevole resta lui e la vicenda è chiusa per sempre.
Tutto, per chi non lo ricordasse, era cominciato il 6 agosto 2012, a cinque giorni dalla 50 km di marcia delle Olimpiadi di Londra. Alex Schwazer, che 4 anni prima aveva vinto l’oro a Pechino, una settimana prima era statoi trovato positivo all’eritropoietina ricombinante in un controllo antidoping a sorpresa effettuato dall’Agenzia mondiale antidoping. La sua confessione in una conferenza stampa pubblica era stata un’ammissione di colpa e quindi il il Tribunale Nazionale Antidoping successivamente gli aveva inflitto una squalifica di tre anni e sei mesi: sembrava voler smettere, poi invece aveva ripreso con Sandro Donati, grande allenatore da sempre in prima linea nella lotta al doping.
Gareggiando nella 50 km ai Mondiali a squadre di marcia a Roma vinse, ottenendo anche il pass per Rio 2016. Ma il 21 giugno, ad un mese dal via, un’altra positività su un campione prelevato a gennaio di quell’anno.
Il test in realtà era risultato negativo ad una prima analisi, ma controlli più approfonditi avevano rivelato la presenza di metaboliti di testosterone nelle urine. Così nuova sospensione e successiva squalifica per otto anni, da lui questa volta subito contestata, parlando di “manipolazione esterna sul campione di urine”.
Cosa sappiamo e cosa non torna della nuova vicenda doping? Tanti particolari, come il fatto che le provette analizzate non sono anonime, come da regolamento, ma hanno la scritta Racines che è il comune di residenza del marciatore.
E quando il Gip del Tribunale di Bolzano chiede un campione delle urine, dal laboratorio di Colonia consegnano anche un campione non richiesto. Le urine nel febbraio 2018 vengono affidate ai Ris di Parma per una perizia sul Dna. E qui sono riscontrate “discordanze non compatibili con la fisiologia dell’atleta”. Il tribunale di Bolzano nel febbraio del 2021 aveva definitivamente archiviato la posizione di Schwazer affermando che l’atleta non si fosse dopato nel 2016. Ora però a quasi sette anni dal secondo capitolo della storia, la pietra tombale sull’inchiesta. Nessun presunto complotto, o meglio nessuno da accusare.
Eppure nell’atto di archiviazione del procedimento a carico del campione olimpico della 50 chilometri del 2008, il Gip Walter Pelino aveva chiesto di valutare i reati di falso ideologico, frode processuale e diffamazione nei confronti di ignoti. La Procura non ha trovato nessun elemento per avvalorare questa ipotesi accusatoria e quindi si chiude qui. Anzi no, perché la squalifica di Alex scadrà soltanto il prossimo anno.
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