Il calcio segue la globalizzazione e tutti i Paesi si stanno pian piano evolvendo. Ne sono una testimonianza viva le nazioni del Nord Europa, ma la prova più lampante dello sviluppo accelerato è arrivata dallo splendido Mondiale condotto dal Marocco, fermato dalla Francia solo in semifinale. Anche nell'Est Europa il calcio muove piccoli passi verso la crescita: SPORTITALIA ha voluto approfondire la prospettiva del calcio armeno (e non solo) con Hayk Hovhannisyan, responsabile dell'area tecnica dell'FC Van, club della Premier League armena. Soli 30 anni, vanta esperienze nel baltico, in Lituania, al Marijampol√Ñ‚Äî City, di cui è stato capo allenatore dell'Under 19 e guida degli allenatori del settore giovanile. Nel 2014 è passato anche dall'Italia, al Perugia, oltre ad aver analizzato metodologie tecnico-tattiche insieme a Gianluca Festa e Massimiliano Canzi.
Come sta crescendo il movimento calcistico in Armenia e su quali basi si sta evolvendo?
"Anche se abbiamo notevoli tradizioni calcistiche, al momento devo confessare che l'interesse del popolo per il calcio sta diminuendo. Le persone sono più preoccupate per l'ingiustizia/crisi umana a livello internazionale che provoca nuove vittime tra i nostri migliori giovani. Nel frattempo i risultati delle squadre di calcio non peggiorano, negli ultimi due anni abbiamo partecipato ai gironi della Conference League, l'ultima delle quali poteva concludersi in modo migliore".
La concezione del pallone su quale binario storico-culturale vi ha condotto?
"Quelle sovietiche sono state applicate ancora dopo l'indipendenza, con un mix di conclusioni scientifiche ucraine, russe e armene. A proposito, le specifiche formulate a suo tempo da V. Lobanovskiy con i suoi collaboratori furono esaminate ed elaborate anche nella scuola italiana. Dopo gli anni 2000 in Armenia sono stati introdotti gli approcci moderni dall'ovest. Ma vorremmo che fossero sperimentati molto più in profondità, perché qualcosa di positivo, quando applicato alla superficie, c'è".
In che senso?
"Abbiamo avuto un chiaro calo alla prestazione fisica per quanto riguarda la statistica, ma nell'organizzazione di gioco abbiamo aumentato le idee. Credo che il movimento calcistico in Europa stia vivendo una crisi mentale di cui soffre, giusto responsabile ogni paese, anche il nostro. Voglio dire che lo spirito, la virilità, la cavalleria e i valori comuni hanno ceduto lo spazio all'aspetto economico. Ma questi cambiamenti non si fanno mai senza il desiderio umano. Quindi sono sicuro che, con lo stesso desiderio, possiamo far ritornare l'incalcolabile, che il calcio di nuovo fornisca dei signori come Maldini, Zanetti, Gerrard e Hamlet Mkhitaryan (padre di Henrikh)".
Lei ha fatto esperienze in giro per l’Europa, dall'Italia ai Paesi Baltici. Ha visto che l’evoluzione del calcio nel nord-Europa. Molti giocatori scandinavi stanno emergendo: si stanno accorciando le distanze tra il calcio nordico e quello dell’Europa mediterranea?
"Mentre allenavo la prima squadra dell'FC Marijampole City ho seguito anche le partite della Serie A lituana, nella stessa città. Posso dire che c'è una partecipazione immensa dei giocatori dell'Europa mediterranea, soprattutto delle penisole dei Pirenei e dei Balcani. L'allenatore del club Suduva era spagnolo: la squadra giocava un calcio offensivo, con la palla sempre a terra e continue rotazioni dei giocatori. Questo calcio piaceva alla gente del posto. Da questo esempio emergono nuove tendenze di crescita. Per quanto riguarda i giocatori stranieri, lo stesso si può dire per lo Zalgiris Vilnius, la squadra campione della Lituania".
E dunque la tesi proposta nella domanda precedente sembra essere confermata dai fatti.
"Il movimento sociale può influenzare il calcio in Lituania, anche se molte persone preferiscono lavorare in Norvegia e in Inghilterra. Per quanto riguarda i miei ex calciatori lituani, erano tutti ragazzi di mentalità aperta, sempre pronti ad apprendere nuovi concetti per potersi integrare nel calcio europeo. Ho visto grande apertura globale. Ai lituani piace più il basket che il calcio, una logica ragione per i risultati molto più alti nel pallacanestro".
In Italia i tifosi interisti, dopo quelli romanisti, stanno apprezzando Henrikh Mkhitaryan, che ormai è duttile e fa tutti i ruoli del centrocampo. C’è qualche giovane talento armeno che può spiccare il volo nei prossimi anni?
"Mkhitaryan era stato in grado di ricoprire anche altri ruoli, considerandosi finora il miglior capocannoniere di una sola stagione del campionato ucraino. E' anche il capocannoniere della storia della nostra nazionale, ha fatto la storia dell'Armenia. Nuovi eredi? Se non oggi, domani Spertsyan, Tiknizyan e Shaghoyan possono bussare alle porte dei grandi club. Dovranno, però, adattarsi alle nuove culture. E non sarà facile".
L’Italia sta avendo tanta difficoltà con la Nazionale, ma i problemi partono dalla base. Dai settori giovanili poco curati e da una netta superficialità nel lavoro dei tecnici. Quale idea si è fatto?
"Non sono in grado di fare una valutazione sui settori giovanili italiani a 360 gradi. Posso solo condividere la mia esperienza. Il Perugia, per esempio, è stata una delle poche porte aperte all'inizio della mia crescita. I ragazzi erano ben curati dai tecnici. Il nostro allenatore Simone Tommassoli non risparmiava tempo ed energia per far crescere il modo di pensare dei giovanissimi nazionali che, anche se poi non sono diventati calciatori famosissimi, sono stati formati globalmente. Poi ho notato un aspetto…".
Prego…
"Gli uomini italiani si formano attraverso il calcio, che è una missione primaria di ogni area del Paese. È proprio una concezione culturale. Ho imparato a imitare un circolo di libertà per consentire ai bambini di prendere le proprie decisioni migliorando l'esecuzione dei comportamenti. Ricevo sempre aggiornamenti dal direttore generale Mauro Lucarini che dà priorità al settore giovanile parallelamente alla lotta con la prima squadra per la salvezza. Lo scorso anno sono stato accolto dall'Inter Academy per osservare la metodologia e la sua applicazione nella parte agonistica e pre-agonistica. Ho conosciuto persone con la maestria nella stabilizzazione della struttura del lavoro pratico seguendo le basi scientifiche. E ho anche notato l'arte della semplicità, mentre osservavo alcune sedute delle Nazionali Italiane U19, U21 e maggiore, a Yerevan, ma anche nei dieci giorni passati in Sardegna, con la prima squadra dell’Olbia guidata da Max Canzi".