La prima cosa che ci va di dire riguarda la Pausa per la Nazionale: è clamorosamente tornata e, quindi, in automatico ci viene la pellagra, il morbillo, l’orchite e il fuoco di Sant’Antonio. Ci sentiamo spossati, avviliti, depressi, contiamo i secondi, ma più li contiamo meno passa il tempo e, insomma, tocca soffrire per due lunghissime settimane. Forze coraggio.
La seconda cosa che ci viene da dire riguarda Antonino Cannavacciulo. A un bel punto di Toro-Napoli 0-4 in tribuna all’Olimpico appare cotanto chef. È lì con i figli, bello sereno a gustarsi lo spettacolo. Alcuni tifosi decidono di rompergli i maroni a suon di cori elegantissimi. Si va da “Cuoco di merda” a “Ciccione”. Il cuoco osserva, punta il dito e senza scomporsi fa intendere il seguente messaggio: “Vediamo se avete il coraggio di venire qui a fare i bulli”. Ovviamente no, non trovano il coraggio. Tu pensa come dev’essere triste la condizione del fesso da stadio che per sentirsi meglio si mette a insultare uno “della tivvù”. L’abisso della teoria darwiniana, né più né meno.
E poi c’è la Milano a corrente alternata,
quella “italiana” e quella “europea”. Il Milan versione 2023, in campionato, fatica parecchio, ma ha anche piazzato una doppia e gagliardissima partita contro il Tottenham, l’esatto opposto di quel che abbiamo visto contro Salernitana e Udinese.
Abbiamo certezze sui perché di cotanta differenza? Ovviamente no, possiamo azzardare solo ipotesi. Una riguarda il modulo, questa difesa a tre che è servita a dare un minimo di solidità nel mese difficile delle voragini difensive, ma ora pare aver totalmente sballato i rossoneri dalla metà campo in su. Ecco, forse la scelta di dare una mescolata alla rosa ha aiutato Pioli a far fuori Conte ma, contemporaneamente, ha azzerato l’attacco e, soprattutto, Rafael Leao, attualmente in versione fantasma. La sensazione? L’allenatore presto tornerà al modulo che gli ha portato un meritato scudetto. E farà bene. Oh, personalissima opinione.
E l’Inter? Idem con patate. O meglio, la partita di Porto è stata meno “serena” rispetto a quella del Diavolo (ma ugualmente esaltante), mentre le prestazioni in campionato sono appena più accettabili (di sicuro non nel risultato).
L’Inter tendenzialmente fa sempre la partita: tira molto (ma quasi sempre male), fa tantissimo possesso palla (spesso sotto ritmo), prende sanguinose ripartenze (contro il Bologna, contro lo Spezia, contro la Juve), in definitiva gioca sempre alla stessa maniera. E, quindi, se sblocca il risultato tutto fila liscio, altrimenti finisce a sbattere contro le difese avversarie e per gli avversari controllare diventa semplicissimo.
E quindi? E quindi attenta, Milano: sognare le semifinali di Champions è doveroso, ma tornarci è semplicemente indispensabile.
E ora parliamo serenamente del var. Giuro, serenamente. Il sottoscritto è convinto e conferma che la Juve a San Siro abbia vinto con merito. L’Inter ha tenuto palla per il 69% del tempo e ha tirato 18 volte contro la porta avversaria. Ebbene, ha fatto il solletico ai bianconeri, bravissimi a gestire il vantaggio seguendo una perfetta e oliatissima “tattica allegriana”. La premessa è importante (“La Juve ha vinto con merito”), ma questo non significa che arbitri e varisti abbiano ben fatto il loro mestiere, tutt’altro. Il gol di Kostic andava annullato. Gli arbitri dicono “mancavano immagini certe” e questa cosa non è una giustificazione, semmai un alibi. Badate bene, la Juve in questa faccenda non c’entra nulla, ché questi errori li hanno commessi anche a loro danno. Qui semmai bisogna capire cosa vogliono fare con il var e, soprattutto, con il protocollo del var. Il presupposto “serve la matematica certezza” rischia di diventare un banalissimo alibi per chi non vuole prendersi responsabilità. Di fronte a un’azione come quella di domenica (o come quella di Juve-Samp, ma anche Juve-Inter – fallo di Bastoni su Zakaria) non deve servire la matematica certezza, altrimenti non si capisce a cosa serva il var. Il var deve correggere ingiustizie, non avallarle. Nel caso, anche inseguendo la logica della “maggior probabilità”. Altrimenti ditemi voi qual è l’utilità della “meravigliosa sala di Lissone, fiore all’occhiello per il nostro movimento” (cit.). Ve lo dico io: nessuna.
Altre cose velocissime.
Il turnover. Il turnover è essenziale per ovviare alle fatiche imposte dalle mille partite stagionali. Senza turnover non si va da nessuna parte. Chi non fa turnover è destinato a soccombere. Oh, tutte cose che hanno realmente senso. Poi però osserviamo il Napoli. Giocano sempre gli stessi. E giocano sempre meglio. ‘sta cazzata del turnover a tutti i costi rischia di idventare la scusa dei perdenti.
Mancini al raduno degli azzurri ha detto un sacco di cose. Tra le altre: "Non è semplice". "Nessuno gioca più in strada". "In Italia non ci sono giocatori". "Siamo messi peggio di Southgate". "Non ci sono gol italiani". "In qualche modo faremo". Ha ragione, non c’è che dire. Certo, dopo l’anno della mancata qualificazione ai Mondiali e della depressione, forse, servirebbe un filo di ottimismo in più, anche oltre logica. E forse anche un filo di coraggio in più quanto a “convocazioni”: i giovani sono da sempre la sua stella polare ma li ha lasciati nell’Under 21, i “vecchi” sono ancora con lui, mancano ragazzi di talento ma i pochi che abbiamo (leggi Zaccagni) restano a casa. E allora sì, il periodo non è bellissimo ma evitiamo di tirarci la zappa sui piedoni.
Me la lasciate dire un’ultima cosa? All’Olimpico c’è sempre troppo casino, ma mica sugli spalti (stadio esaurito = stadio che ha vinto), sul prato. E non stiamo mica parlando di gioco, semmai proprio di “quantità di persone in campo”: il preparatore, il vice del preparatore, l’amico del cugino dello zio del tattico. Troppi. Poi per forza finisce in caciara.
Secondo il “Telegraph” Antonio Conte e il Tottenham si diranno addio entro questa settimana: società e squadra non hanno digerito l’ultima conferenza. Dopo le parole dell’altro giorno, non poteva andare diversamente.
Buona pausa per la Nazionale a tutti. E buon acetone. E buona ulcera. E buonanotte.
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