Almeno il signor Rafael ha il buon senso e il buon gusto di non prendere in giro il prossimo. Insomma, non fa come Franck che aveva giurato di voler restare al Milan. Rafael è Leao, Franck è semplicemente Kessie, magari è superfluo aggiungerlo ma comunque meglio farlo. Leao ha respinto gli ottimisti senza fondamento, avevano garantito sul suo rinnovo rispetto al contratto in scadenza nel 2024. Era l’ottimismo che arrivava da Casa Milan, non giustificato dai fatti. Leao si è limitato a dire che sta bene in rossonero (cosa avrebbe dovuto dichiarare?), ma ha buttato la pallina dall’altra parte come succede dentro una di quelle interminabili sfide tra Wimbledon e Roland Garros. “A fine stagione vedremo”, ha aggiunto mister Raf e qui si è un po’ contraddetto. Se ci fosse la volontà vera, bisognerebbe parlare e concretizzare adesso.
Oltretutto si tratterebbe di un bella spremuta di vitamine rossonere, a pochi giorni dal ritorno di Champions in casa Tottenham che mette comunque in palio una prestigiosissima qualificazione ai quarti. E senza dimenticare che il salvadanaio si riempirebbe abbastanza, di questi tempi non una cosuccia da sottovalutare. Mister Raf manda la palla dall’altra parte perché bisogna prendere tempo, perché la sua vicenda è sempre stata incasinata, perché la storia della multa pesa ma se ci fosse la volontà una soluzione verrebbe individuata. Diciamo “se ci fosse” e non “se ci fosse stata” perché poi uno la mattina si sveglia, gli piace il panorama che il giorno prima gli metteva il broncio, le cose possono cambiare in cinque minuti. Il fatto che non si sia comportato come il Comandante Franck gli consente almeno di non entrare in un imbuto con complicatissima via di uscita. E anche questo conta, inutile (deleterio) prendere in giro la gente. Ma se permettete aggiungiamo una considerazione sul cartellino e sulla valutazione, facendo finta che il contratto non scada tra un anno e mezzo in modo da non esserne condizionati. Noi pensiamo che Leao sia un ottimo attaccante con un grande difetto: la discontinuità. Quando giocherà tre o quattro partite da “sette e mezzo”, lo può fare, andremo addirittura sulla tripla cifra – da 100 milioni in su – come qualcuno vorrebbe addirittura indicare. Leao viaggia da 7,5 a 6 in pagella con una facilità impressionante nel corso di quelle famose tre o quattro partite. E la continuità a questi livelli è decisiva, a maggior ragione se bisogna pesare l’oro. Non diciamo che tutti debbano essere Osimhen, un mostro di continuità, un bancomat offensivo sempre disponibile. Ma sull’altalena non si può, non aiuta a spingere la valutazione. Traduzione: se non ci fosse mezzo miracolo nel giro di poche settimane, se si andasse verso giugno senza alcun tipo di novità, noi ci accontenteremmo di 70-80 milioni in modo da evitare un ulteriore sfinimento. E nella speranza che qualcuno metta davvero quei soldi a disposizione, niente è scontato con la cassaforte degli altri. Noi procederemmo, non avremmo rimpianti, chiaramente sarebbe fondamentale avere le idee chiare entro aprile. In fondo, la felicità non sparisce e ricompare come se si trattasse di una magia di Houdini. Se c’è bene, se non c’è amici come prima. Ma almeno sei stato chiaro, sincero e non mi hai preso in giro come ha fatto Kessie.
Abbiamo difeso Simone Inzaghi fino a pochi giorni fa, certo non lo scarichiamo a distanza di 72 o 100 ore. Pensiamo sia un buon allenatore con qualche limite importante che in qualche modo deve superare. Il più importante: evitare che le sostituzioni siano quasi uno scioglilingua, un passaparola, una cosa scontata. Esce Lukaku entra Dzeko, il difensore ammonito resta nello spogliatoio, il centrocampista con un giallo a carico anche. Situazioni didascaliche, le stesse mosse, senza aguzzare l’ingegno e spremere la fantasia come ha fatto Pioli nel momento di massima e profonda crisi del Milan. A Bologna sarebbe servito avere Lukaku, con il senno del prima e non soltanto del poi: nessuno avrebbe potuto prevedere il gol di Orsolini, ma l’imponderabile va messo in preventivo con la speranza di farti trovare pronto e con qualche munizione. E i tre attaccanti contemporaneamente in campo sarebbero serviti, alla larga dalle solite mosse. Diciamolo: sette sconfitte in campionato in 24 partite sono numeri indegni per un organico come quello dell’Inter. Non scherziamo. Bisogna avere l’onestà intellettuale di ammetterlo, abbiamo criticato spesso Allegri e condannato Pioli all’interno di quell’orribile gennaio rossonero, sarebbe poco corretto far finta di nulla nel caso di Inzaghi. E non esiste l’alibi attualmente di moda “ma sai questo Napoli è ingiocabile”. Tu, intanto, fai i sette-otto punti in più, il discorso vale per Juve e Milan. E non esiste il discorso, molto social, “ma Inzaghi ha vinto un trofeo, può andare ai quarti di Champions, è in semifinale di Coppa Italia”. Non c’entra un tubo, anzi è un aggravante. L’errore più grande è questo, trovare maniglie che sinceramente non ci sono: sarebbe giusto evitare, per il bene di Simone e della sua (ancora) giovane carriera.
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