Michael Schumacher, retroscena esaltante: accadde all’esordio in Ferrari. L’ex fuoriclasse tedesco fa ancora parlare di sè chi lo ha conosciuto
Tutti quelli che nel corso della lunga e straordinaria carriera di Michael Schumacher hanno avuto a che fare con lui, lavorandoci fianco a fianco, si esprimono con termini univoci: oltre ad essere stato un autentico fuoriclasse al volante, il pilota di Kerpen è stato un professionista a dir poco esemplare, come il Circus della Formula 1 non ne ha avuti mai. Preciso, impeccabile, puntualissimo, sempre disponibile con tecnici e ingegneri ogni qual volta fosse in gioco la crescita e lo sviluppo della vettura.
Ed è forse soprattutto grazie a questa mentalità ‘lavoratrice‘ che Schumi ha costruito i suoi straordinari e memorabili successi, che a distanza di anni solo un altro fenomeno come Lewis Hamilton è riuscito ad eguagliare. Il periodo più luminoso della carriera del pilota tedesco coincide con gli anni trascorsi alla Ferrari. Schumi era reduce dai due titoli mondiali consecutivi alla guida della Benetton, conquistati nel biennio 1994-95, così che per portarlo a Maranello l’allora presidente Luca Cordero di Montezemolo non badò a spese.
L’ingaggio di Schumacher da parte del Cavallino Rampante fu accolto con grande entusiasmo dai milioni di tifosi della Rossa, meno da una buona parte degli osservatori. Ma i risultati diedero pienamente ragione sia al management della Ferrari che ai suoi stessi sostenitori. I cinque mondiali vinti dal 2000 al 2004 rappresentano il momento più alto dei 75 anni di storia della scuderia modenese.
Michael Schumacher, il ricordo di Binotto: “Ci lasciò tutti a bocca aperta”
Era dunque il 1995 quando Schumacher indossò la tuta rossa di pilota della Ferrari e nel suo primo giorno di lavoro sorprese tutti tra tecnici e meccanici, compreso un giovane Mattia Binotto: il manager italo svizzero era all’inizio del suo percorso professionale a Maranello. “Ricordo ancora quando andammo all’Estoril per i test, quella reazione di Schumacher ci lasciò tutti sorpresi“.
Quando Mattia Binotto ripercorre il rapporto con Schumi riavvolge il nastro della memoria riportando alla luce alcuni ricordi che restano per sempre scolpiti nella mente e nel cuore. La prima volta che l’ex team principal della Rossa incontrò il Kaise fu appunto nel novembre 1995.
“Io ero un neolaureato e lui un campione del mondo Benetton appena passato con noi — le parole di Binotto — Nel suo primissimo test era in tuta completamente bianca, senza sponsor, perché ancora non era l’inizio della stagione successiva. Fece un solo giorno a Fiorano per abituarsi alla macchina, allora avevamo ancora l’ultimo nostro 12 cilindri. Poi ci siamo trasferiti all’Estoril per il primo test vero“.
E proprio in Portogallo la personalità di Schumi risaltò subito agli occhi di Binotto e degli altri ingegneri: “Noi eravamo abituati ad Alesi e Berger, due piloti a cui sono molto affezionato — prosegue l’ex team principal della rossa — alle 9 di mattina c’era il semaforo verde, e lì si cercava di capire la macchina, di migliorarla e di svilupparla. Il pilota era abituato ad arrivare alle 8.50, il tempo di infilare la tuta, il casco e salire in macchina“.
Ma quella prima volta col tedesco fu del tutto particolare: “Noi arrivammo in pista alle 8.30 — ricorda Binotto — tutto il gruppo era lì, Michael anche, seduto sulle scalette del motorhome che ci faceva il segno dell’ora. Ci diceva che alle 8 bisognava fare tutte le mattine il meeting, per parlare del programma e decidere cosa fare, per poi avere alle 9 la massima efficienza“.