Max, il Nantes è 5 volte meno forte. Tare-Vagnati-De Sanctis: c’era una volta il ds

I più grandi sostenitori di Massimiliano Allegri sono quelli che, dinanzi all’evidenza dei fatti, piuttosto che constatare il fallimento degli ultimi 20 mesi alla guida della Juve parlano della sua storia e dei trofei vinti. Parliamo di giornalisti, radiocronisti, ex vecchie glorie, una ciurma in azione. In pratica sarebbe come se uno studente, presentandosi all’esame di geografia, ricevesse domande di chimica. Senza senso. Allegri ha letteralmente bucato da quando è tornato in bianconero. Parliamo dell’Allegri che aveva vinto sempre, che aveva conquistato due finali di Champions, che aveva stupito il mondo. Meglio ancora: l’Italia, così non ci allarghiamo troppo. Certo, poi guardi quegli organici e capisci che al posto di Allegri avrebbero vinto in tanti, c’era forse il centrocampo più forte della storia e attaccanti di spessore straordinario. La colpa è di molti opinionisti che hanno steso, da secoli, tappeti rossi nei riguardi di Allegri. E quando ce n’è stato uno che ha fatto (finalmente) una domanda vera uscendo dal club, la reazione dell’allenatore è stata di un’arroganza clamorosa. Ci sono cronisti che frequentano da anni la Continassa e che prima di porre un quesito in linea con i tempi e con le grandi delusioni si fanno mille scrupoli. Qualche eccezione c’è, ma sono eccezioni. Oggi il giornalismo è su Twitter: postano qualsiasi cosa inutile, poi quando hanno Allegri di fronte – a tre metri di distanza – si nascondono come quelli che a scuola sceglievano l’ultimo banco per non essere interrogati. Dieci minuti dopo accendono una diretta Instagram e fanno i fenomeni sui problemi della Juve, ma con Allegri a disposizione per una domanda vera hanno il terrore di essere bacchettati. Un paio di cose vorremmo dire a Max: lasci perdere il nipotino appena nato con la storia degli 1-0, è una scelta di cattivo gusto, a maggior ragione se viene tirata fuori più volte nel giro di poche ore. La seconda cosa è più importante della prima: il Nantes è 5 volte meno forte della Juve, infatti è tornato in Francia e ha preso schiaffoni dal Lens, ulteriore conferma che a Torino ha ricevuto un gentile cadeau dall’avversario. Non vogliamo minimamente pensare a un’eliminazione dall’Europa League, è già bastata l’onta Maccabi. Ai dirigenti bianconeri diamo un consiglio: leggano bene dentro questa stagione, sintetizzino i 20 mesi non proprio al Max, dagli errori bisogna imparare in fretta. Il bello (anzi, il patetico) di questa vicenda è che per parlare di Allegri si riferiscono a Sarri e Pirlo, proprio i suoi due colleghi che escono rafforzati dai 20 mesi di vuoto pneumatico dell’allenatore mediaticamente più protetto d’Europa. Anzi, quasi Campione del Mondo.

I direttori sportivi di una volta, quelli bravi davvero, autorevoli, capaci di incidere con le loro idee. Ne sono rimasti talmente pochi che davvero fatichiamo ad arrivare a 10. Ci preme sottolineare le cose che non vanno, quelli che non indovinano una mossa da anni. In cima alla classifica c’è Igli Tare che vive di rendita per le operazioni Milinkovic-Savic e Luis Alberto, storia di una vita fa. Da quel momento non ne ha indovinata una, ha bloccato l’indice di liquidità, per fargli coraggio scrivono che Juve e Tottenham lo cercano in caso di mancato rinnovo con la Lazio, ma neanche lui ci crede. Tare guadagna oltre un milione a stagione, preferiamo fermarci qui. Siccome ha il contratto in scadenza, il suo rinnovo avrebbe effetti inevitabili sul futuro di Sarri alla Lazio. Qualche centinaia di migliaia di euro in meno di Tare guadagna Davide Vagnati a Torino, ma sulla squadra incide quasi zero. Incideva alla Spal da dove si congedò con una sanguinosa operazione Bonifazi, la stessa che qualsiasi suo collega non avrebbe fatto per gli effetti rovinosi sul bilancio. Vagnati a Torino non decide, aspetta sempre che sia Cairo a guidarlo. Per farlo felice hanno dato “8” al mercato del Toro, non hanno dato quel voto neanche al Napoli quando ha preso Osimhen e Kvaratskhelia. E Juric vive di nostalgia, con Tony D’Amico a Verona era un’altra musica (che musica…). De Sanctis a Salerno: se un suo collega avesse avuto il 50 per cento del budget garantitogli da Iervolino, avrebbe fatto meglio con il semplice 50 per cento. Cosa dire di Pasquale Foggia, lo stesso che non fa mai autocritica e che ha avuto tutti i privilegi possibili e immaginabili a Benevento con i risultati che conosciamo? Stimiamo molto Fabio Cannavaro, ma Foggia tutto avrebbe dovuto fare piuttosto che bussare ogni giorno a casa del suo amico per convincerlo ad accettare. La Serie B è un pianeta diverso, le scelte sono decisive, le competenze anche. Ma se pensiamo a Lupo (Spal) e a Gemmi (Cosenza) arriviamo all’inevitabile sentenza: i direttori sportivi di una volta, quelli bravi e competenti, sono un triste e lontano ricordo.

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