Per anni la politica di casa Andrea Agnelli è stata guerra di ferro e fuoco al palazzo – o meglio, all’altra ala del palazzo – per sedersi su tutti i posti di potere ancora non occupati nel governo del calcio. Guadagnando avamposti, perdendone altri, ma sempre con una politica aggressiva da “lei non sa chi sono io”, straripata oltre ogni bordo dopo l’acquisto di Cristiano Ronaldo e l’illusione di onnipotenza di Andrea. Se la tabula rasa di voci distoniche all’interno della società era già stata attuata, una tale strabordanza si è tradotta nel suicidio non assistito del buttarsi nella Superlega.
Risultato: al di là delle prossime future sentenze, Andrea Agnelli si è bruciato un credito e un potere illimitato localmente sperperando ogni credibilità internazionale, fino a un totale autodafé sul fronte interno e a rendersi impresentabile pur in un contesto da candidato unico alle elezioni.
Non è finita tuttavia finché non è finita, e permane nella società Juventus il gran Richelieu della parabola di Agnelli, quel Claudio Albanese head of communication che in verità è stato l’anima di ogni sua politica. Anche se per continuare nelle stanze del potere come si cambia per non morire…
Non si esclude dunque il ritorno? Vedremo, nelle grandi casate gattopardesche è un mantra il cambiare tutto per non cambiare niente, e solo una assoluzione con formula piena potrebbe convincere Elkann a restituire l’enclave bianconera al vecchio feudatario – o forse nemmeno.
Anche perché, nonostante sia stato bruciato Arrivabene dalla sola contiguità temporale con le politiche agnelliane, tuttavia da mesi era già stato attuato il putsch bianco per estinguere l’influenza di Agnelli dalla Juventus.
E tra i tanti nomi entrati o di rientro, il più clamoroso e passato quasi sotto silenzio fu quello di Francesco Calvo, non a caso diventato nel momento del bisogno l’uomo di fiducia di Elkann.
Proprio Calvo, colui che quando era alla Juve era stato accompagnato alla porta con ignominia sul doppio binario del coinvolgimento casuale in procedimenti passati nonché della surreale querelle extraconiugale che costrinse un professionista di livello al pubblico ludibrio.
A suo merito Calvo non tradì mai la consegna del silenzio in pubblico, venendone ripagato ad anni di di distanza dopo aver occupato posizioni di prestigio alla Roma e al Barcellona.
E incredibilmente la linea Calvo può salvare Agnelli – o meglio, i guai combinati dall'ex presidente.
Perché da giorni l’attività di lobbying della Juventus nelle stanze del potere politico sta creando l’habitat ideale per una clamorosa decisione del Collegio di Garanzia del Coni. Anche così si spiegano le dichiarazioni sfacciatamente a favore da parte di esponenti politici, come Salvini e soprattutto Abodi.
E come documentato oggi da Michele Criscitiello su questo sito, la trattativa Juventus-Stato del calcio è condotta proprio da Calvo ed è volta non tanto al dimostrare l’innocenza quanto a indebolire ll tessuto delle motivazioni spiegate dalla Corte. L’obiettivo è far annullare il -15, il che vorrebbe dire giudizio da riformulare per la Corte Federale, e a quel punto probabile una penalizzazione estremamente più lieve.
Può ripartire la Juventus in direzione Champions, qualora ad esempio arrivi solo un -5? Certo che può, anche se poi c’è il filone stipendi. E chissà che l’obiettivo finale non sia praticamente confermare l’attuale status quo, ovvero che i due filoni assieme non comportino proprio più del -15 attuale, insomma perdendo sì l’Europa ma evitando di essere tirati giù in zona retrocessione dalla seconda penalizzazione.
Il nuovo corso della Juventus lavora in quel senso, e sente adesso di poterlo ottenere.