Paulo Dybala è una Joya soltanto per chi ce l’ha. La Roma. Gli altri, nessuno si offenda, è bene che si mettano la mano sulla coscienza, hanno perso un’occasione più unica che rara. La Juve, che l’aveva in casa, e ha cominciato a giocare senza un criterio sul rinnovo del contratto in scadenza, per poi liberarlo come se si trattasse di banale bigiotteria e non di altissima gioielleria. Autogol degno del mitico Communardo Niccolai per una motivazione indiscutibile: perdere Dybala a zero è uno degli strafalcioni più gravi degli ultimi 25 anni di calciomercato. Non ha fatto meglio l’Inter che l’ha bloccato per mesi e mesi, ha organizzato summit alla luce del sole, ha detto in modo chiaro che lo avrebbe voluto regalare a Simone Inzaghi. Poi è arrivato Lukaku in prestito e c’è stata una mezza frenata. Invece, bisognava spingere di più e chiudere l’operazione, pensando all’età dell’ineccepibile Dzeko e al rendimento non esaltante di Correa costato oltre 30 milioni. Dybala sarebbe stato l’investimento a prescindere, il quadro da appendere – ben incorniciato – sul muro a prescindere dalla presenza di Van Gogh e Modigliani. Niente da fare, errore imperdonabile. Cosa vi siete persi: il discorso vale per chi, il Milan, ragiona sempre sugli investimenti in prospettiva e possiamo anche trovarci d’accordo perché il futuro è sempre dei giovani di talento. Ma ci sono le eccezioni, sempre, e un Dybala da srotolare per la Champions rossonera sarebbe stato un colpo magistrale. Nulla. Cosa vi siete persi. Quindi, la morale è semplice: complimenti alla Roma che ha saputo aspettare, pur non essendo – è la verità – in cima alla lista dei desideri di Paulo. Ma chi ha pazienza e corteggia in silenzio, sapendo di poter ricevere un due di picche, gode due volte quando sbaraglia gli altri pretendenti. Ora è normale che la Roma lavori per un contratto più lungo, con un ingaggio più alto, magari togliendo la clausola da 20 milioni.
Franck Kessie sta a Barcellona come un leone triste dentro la gabbia. Ben oltre le dichiarazioni ufficiali e i messaggi diretti o indiretti. Mortificato per la libertà che non può avere, per gli spazi sempre più ristretti. Lo chiamano il Comandante, adesso non è neanche un soldato semplice. Avrebbe dovuto pensarci prima, quando ha tenuto il Milan sulle corde, sottolineando come non sarebbe stato un problema economico, ribandendo che sarebbe stato rossonero a vita. Balle. Il Barcellona lo ha preso come ultima ruota del carro, soltanto per utilizzarlo come eventuale e futura plusvalenza. E lui stesso, il Comandante senza medaglie, avrebbe dovuto sapere che in quel centrocampo di giovani talentuosi difficilmente avrebbe trovato un pertugio. Al massimo avrebbe collezionato qualche spezzone. Adesso vuole tornare in Italia, ha scelto l’Inter e ha messo da parte le altre due o tre proposte che gli hanno presentato. Ma non dipende soltanto da lui, anche se il suo minutaggio in Catalogna è sempre più ai minimi. Andiamo oltre le smentite di circostanza, anche perché non stiamo parlando di un affare completato. Tuttavia Marotta e Ausilio non hanno escluso di sacrificare Brozovic che proprio il Barcellona aveva tampinato prima che Marcelo decidesse di rinnovare. Franck non si illude, ma vede l’altra Milano – quella nerazzurra – e aspetta, pur sapendo che non dipende soltanto da lui.
Poi c’è Claudio Lotito che decide di affrontare i problemi in modo pilatesco, lavandosi le mani e mandando il pallone in tribuna pur di in decidere. L’incompatibilità tra Maurizio Sarri e Igli Tare che definirla tale è semplicemente un eufemismo. Parlano due lingue diverse, ormai da un anno abbondante, non esiste l’1 per cento di sintonia, una situazione che incide parecchio sulla gestione. L’ultimo mercato estivo ha visto Tare ai margini, ben oltre qualsiasi tipo di smentita, poco coinvolto per una scelta della proprietà e per soddisfare al massimo le richieste di Sarri. Il direttore sportivo è in scadenza, ma quello sarebbe l’ultimo dei problemi perché a luglio la presenza dell’uno non può comprendere la presenza dell’altro. E lo diciamo ben oltre il lungo contratto che Sarri ha firmato. Lotito lo sa e decide di non decidere. Parla di famiglia, eppure dovrebbe intuire che in qualsiasi famiglia se marito e moglie non si parlano come minimo ne risentono i figli. Ma per il numero uno del club è meglio fare 0-0 in casa, il più insipido dei risultati.