L’ippica non c’entra nulla col calcio. Capolinea corto muso. Futuro? Ci vorrebbe Spalletti per risollevare la Juve

Capolinea Allegri, consacrazione Spalletti. Vincere per uno a zero non è l’unica cosa che conta. Anzi, non conta più nulla. Chi si riferisce all’ippica per ispirare il proprio calcio vuol dire che ha capito poco di calcio ed è meglio che resti all’ippica. Il Napoli è travolgente bellezza. Il più bello di sempre. Nemmeno quello di Sarri o di Bianchi o quello di Bigon o di Vinicio hanno dato tanto spettacolo per bellezza ed efficacia di gioco. Roba mai vista. Nel confronto, la Juve è uscita mortificata nell’anima e nella filosofia. Il corto muso ha incassato cinque gol in una sola gara quando ne aveva subiti solo sette nelle precedenti diciassette partite. Sono le macerie di un modo di interpretare questo sport.

 

Sconfitte del genere servono a comprendere che si è in un’altra epoca, in un’altra dimensione. Far finta di nulla cercando solo di leccarsi le ferite per salvare il salvabile ha poco senso. Dopo il 5-1 contro il Napoli, adesso, la Juve deve interrogarsi su quale progetto vorrà portare avanti per il futuro. E soprattutto con chi. C’è da ribaltare tutto. In tempi normali la stagione potrebbe andare avanti con un traguardo obbligatorio (qualificazione in Champions), due obiettivi possibili (Europa League, Coppa Italia) e uno sempre più difficile come lo scudetto (dieci punti), ma non siamo in tempi normali. Almeno non per questa Juve. Occorre un radicale ripensamento. Una rivoluzione che ha già cambiato volto alla società stabilendo la chiusura di un periodo storico (i nove scudetti consecutivi) diventato oscuro negli ultimi anni per l’inchiesta Prisma aperta dalla Procura di Torino su plusvalenze e bilanci. La proprietà è intervenuta con una svolta decisa azzerando il precedente consiglio d’amministrazione e rinfoltendo i ranghi con esperti in gestione, bilanci, Borsa e questioni legali.

 

Si sperava che Allegri potesse essere il pilastro su cui fondare la squadra del futuro, ma appare evidente che si tratti di un compito proibitivo. La partita di Napoli ha aperto falle enormi in quell’anomalo convincimento che spingeva la Juve a fidarsi di ciò che aveva compiuto nelle precedenti otto partite trascurando scricchiolii e botte di fortuna (Cremonese) che ne avevano caratterizzato il cammino. Nessuna grande squadra “gioca” così in Europa. Se la Premier può essere un riferimento e per Paolo Di Canio sicuramente lo è, nemmeno le ultime in classifica del campionato inglese, come sostiene l’ex di Lazio, Juve e Napoli, si permettono di arroccarsi in difesa sperando in un errore avversario. Vale la pena tornare sugli svarioni concettuali contro il Napoli per comprendere quanto sia ormai obsoleto il calcio di Allegri. Perché proporre una difesa a tre anche contro un attaccante devastante come Osimhen? La difesa a quattro è sempre stata una certezza per la Juve. Dove è finita la politica sui giovani? Fagioli e Miretti in panchina, per non parlare degli altri. Ha, infine, poco senso regalare quattro giocatori come Chiesa, Kostic, Milik e Di Maria per una fantomatica manovra d’attacco se nessuno copre e nessun altro sa portare palla a centrocampo. La Juve è stata bucata ovunque esponendo a figuracce il trio brasiliano che ha mostrato il solito, svagato, Alex Sandro. Soprattutto non si è compresa la strategia di gioco contro un avversario abituato a muoversi con sincronismi perfetti e in grado di gestire i tempi della partita. Davvero Allegri credeva di potersela cavare con un golletto come quello segnato alla Cremonese dopo avere resistito all’assedio dei padroni di casa? Utopia assoluta contro un avversario estremamente organizzato. Da questi errori è impossibile ripartire e c’è ancora un intero girone di ritorno da disputare. Ah, la Juve è a terra anche fisicamente. Toc toc, che qualcuno ne prenda atto. E chi si ostina a difendere Allegri può sempre seguirne le imprese in un ippodromo.

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