Sport italiano in lutto, è morto un ex campione del mondo. Una grave perdita non solo per il suo mondo, tutti lo ammiravano
Non è un momento facile per lo sport italiano, scosso da una serie di lutti che rischiano di cancellare pagine memorabili della nostra storia. L’ultimo capitolo doloroso è legato alla scomparsa di Vittorio Adorni, morto a 85 anni nella sua Parma.
Un nome indissolubilmente legato all’epopea del ciclismo italiano, soprattutto quello degli anni ’60 che ha prodotto campioni in serie. Aveva cominciato Gastone Nencini, lo scalatore toscano capace di riportare il Tour de France in Italia ed era anche esploso per la prima volta Felice Gimondi, re in Frrancia nel 1965.
Ma in mezzo a loro c’era anche Adorni, un pedalatore fenomenale che ha forse avuto meno fortuno di quanto avrebbe meritato anche se comunque è entrato nella storia dello sport italiano. E oggi sono molti a rimpiangerlo, anche per il suo stile perfetto in bici come fuori.
Nato a San Lazzaro Parmense il 14 novembre 1937, Adorni ha cominciato come dilettante segnalandosi per le sue doti di passista e poi è passato professionista nel 1961. Erano gli anni dei grandi duelli tra italiani e spagnoli, belgi (prima che esplodesse Eddy Merckx) e francesi. E lui è riusciti a ritagliarsi uno spazio importante.
In carriera ha vinto 60 corse professionistiche, senza mai una classica ma con due imprese che sono passate alla storia. La prima nel Giro d’Italia 1965, quando si impose con oltre 11 minuti di vantaggio su Italo Zilioli, secondo in classifica generale, e oltre 12 sul compagno di squadra Felice Gimondi che solo qualche settimana dopo sarebbe andato a vincere il Tour.
La seconda tre anni dopo, in occasione del Mondiale di ciclismo su strada a Imola. Si arrivava dentro al circuito emiliano, come due annoi fa quando ha vinto il francese Alaphilippe, e Adorni andò in fuga molto presto. Sembrava un’azione per disturbare le tattiche degli avversari, in realtà arrivò al traguardo con 9 minuti e 50 secondi di vantaggio sul belga Herman Van Spingel, il più grande vantaggio di sempre.
Sul podio della Milano-Sanremo e della Liegi-Bastogne-Liegi per tre volte, ha vinto anche un Giro del Belgio, un Giro della Sardegna, due Tour de Romandie, un Giro di Svizzera e una Coppa Bernocchi. In più è stato anche per 19 giorni maglia rosa al Giro.
Il 1968 è stato il suo ultimo anno magico (secondo anche al Giro d’Italia), prima di diventare un direttore sportivo aggiunto in corsa per i suoi compagni, a cominciare da Gimondi. Una carriera che ha anche fatto sull’ammiraglia, alla Salvarani e alla Bianchi-Campagnolo.
Ma intanto aveva anche iniziato a lavorare come opinionista, al fianco di Sergio Zavoli nel celebre “Processo alla tappa” quando ancora correva. Una carriera che poi ha proseguito anche negli anni successivi affiancando Adriano De Zan come compagno di telecronache. Poi è stato anche presidente del Consiglio del ciclismo professionistico all’interno dell’Unione Ciclistica Internazionale, e assessore allo Sport del Comune di Parma dal 2006 al 2009.
Soprattutto era profondamente legato al suol mondo e ai suoi amici. Non a caso la notizia del suo decesso è stata data per prima da Norma Gimondi, la figlia di Felice, con un post su Facebook: “Ciao Vittorio, salutami papà”.
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