Valentino Rossi volta ancora pagina, il futuro è scritto: “Ma non sarà facile”. A Valencia per sostenere i suoi ragazzi ma lui pensa ad altro
Ci sono tre motivi fondamentali che hanno portato Valentino Rossi a Valencia per l’ultima tappa del Motomondiale 2022 dopo una lunga assenza (l’ultima volta era stato al Mugello). Stare vicino al suo Team, il Mooney VR46. Sostenere Pecco Bagnaia che potrebbe riportare il mondiale in Italia. Ma anche dimostrare che è un uomo libero.
La scelta di lasciare il mondo del Motomondiale alla fine del 2021 è stata la migliore che Vale potesse fare, anche perché poi a marzo è diventato pure papà per la prima volta, di Giulietta. E ora si è inventato una nuova carriera con le Gran Turismo in attesa di debuttare dal 2024 nel Mondiale WEC e correre la 24 Ore di Le Mans che resta un suo sogno.
Quest’anno ha corso con la Audi ma nel 2023 sarà al voltante di una BMW pur non cambiando team. “Diventerò un pilota ufficiale – ha confessato a Sky Sport – e sono contentissimo. Ho già provato la macchina il lunedì dopo l’ultima gara a Barcellona: è bella, molto moderna, più grande dell’Audi e sembra più facile da guidare. Provare la hypercar a Le Mans? Mi piacerebbe, speriamo di organizzare un test. Ma non sarà facile, bisognerà quanto sarò veloce per diventare un pilota di hypercar”.
Valentino Rossi volta ancora pagina, il futuro è scritto: “Avevo bisogno di avere più tempo libero”
Negli ultimi anni però Valentino ha messo anche il suo talento al servizio dei giovani piloti italiani e l’Academy che ha fondato continua ad ottenere grandissimi risultati. Il Mondiale di Bagnaia sarebbe la ciliegina su una torta già dolcissima e lui è molto orgoglioso del lavoro fatto. “C’è la possibilità di vincere il titolo per la prima volta: sia con Morbidelli sia con Bagnaia abbiamo vinto la Moto2 ma mai la MotoGP, dove abbiamo ottenuto due secondi posti. Sarà una giornata importante anche per noi”.
Tutto questo gli farà voglia di tornare? Assolutamente no, su questo è molto chiaro: sa di aver smesso forse tardi ma non gli importa perché comunque è stata una scelta sua. Normale che quel mondo che è stato suo per 26 anni gli manchi però indietro non si torna. “Avevo bisogno di avere più tempo libero, di fare 10-12 gare all’anno invece che 23. Ormai fare il pilota di MotoGP è una cosa totalitaria perché coinvolge tutto l’anno”.