Ultima gara e ritiro, un big italiano delle due ruote dice addio: ha dominato le Classiche. Per il nostro ciclismo finisce davvero un’epoca
Trent’amni sempre in gruppo e spesso in prima fila. Questo è stato Davide Rebellin fino a ieri, quando ha decido di appendere la bici al chiodo dopo la Veneto Classic che è stata anche la sua ultima apparizione da professionista.
Professionista dal 1991, a 51 anni (compiuti ad agosto), Rebellin fisicamente sta ancora benissimo ed è un grado di dare le paghe ad atleti molto più giovani di lui. Ma arriva il momento di dire basta e così dopo Vincenzo Nibali il ciclismo italiano perde un altro dei suoi grandissimi protagonisti.
In carriera il vicentino, che aveva debuttato il 5 agosto 1992 nel Gp Camaiore in Toscana, ha conquistato 61 vittorie con alcuni anni magici. Come il 2004 quando mise in fila le tre Classiche del Nord, cioé l’Amstel Gold Race, la Freccia Vallone e la Liegi-Bastogne-Liegi o il 2007 con il Gp Svizzeraa Zurigoi e la Klasika San Sebastian. E ancora, la Tirreno-Adriatico 2001 e la Parigi-Nizza 2008, una tappa al Giro d’Italia 1996 (fu anche tre giorni in rosa).
Una carriera fantasticam macchiata dalla storia mai chiarita della sua positività all’Epo durante le Olimpiadi di Pechino 2008 quando arrivò secondo nella gara in linea. Una positività comunicata solo 8 mesi dopo, quando aveva appena vinto per la terza volta la Freccia Vallone. Il 17 novembre del 2009 gli fu anche revocato l’argento olimpico e fu anche squalificato. Ma nel 2015 il Tribunale di Padova lo assolse in via definitiva “in quanto il fatto non sussiste”.
Rebellin ancora mercoledì scorso è arrivato trentunesimo nel Giro del Veneto che terminava proprio a Vicenza, ma ormai è tempo di cominciare una nuova vita. Resterà nel mondo del ciclismo, si occuperà di progetti legati al gravel che è la nuova specialità dominante, ma non metterà più un numero sulla schiena.
Come ha confessato al ‘Corriere del Veneto’ ha capito che fisicamente e mentalmente è arrivato il momento giusto per staccare anche se le sensazioni sono sempre state buone. Ma il ciclismo di oggi è diventato molto più fisico di un tempo, i ritmi sono sempre altissimi e anche solo per arrivare al traguardo serve una preparazione mostruosa.
Nessun rimpianto, però: “La vittoria alla Liegi-Bastogne-Liegi nel 2004, la Classica Monumento più antica e secondo me la più importante. Rimpianti ce ne sono diversi. Ad esempio mi pesa non aver vinto il Lombardia e poi c’è quell’argento olimpico a Pechino nel 2008 che mi è stato levato per un presunto caso di doping. Alla fine sono stato assolto, ma la medaglia non l’ho più vista”.
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