Ultim’ora Michael Schumacher, lo ha appena annunciato Todt: brividi per quello che sta succedendo.
Dopo quasi 9 anni dall’incidente il Kaiser non molla un centimetro. Il suo difficile percorso di recupero è accompagnato da chi gli vuole veramente bene. Tra questi c’è anche l’amico Jean Todt che lo ha pungolato con un paragone davvero interessante.
Il tempo vola. Sono passati già 9 anni (a dicembre) da quando la terribile notizia dell’incidente di Michael Schumacher sconvolse il mondo. Sulle nevi di Meribel il campione tedesco ha riportato una caduta che tutt’oggi lo costringe ad una durissima riabilitazione. Nel mondo della Formula 1 nessuno lo ha dimenticato, e l’hashtag #KeepfightingMichael è sempre presente sulle carene delle varie scuderie. Lewis Hamilton l’ha raggiunto nel 2020 come numero di titoli mondiali vinti (7) ma ancora non è riuscito a scalzarlo nel cuore di tutti gli appassionati. Nel frattempo nuovi talenti crescono e fare paragoni diventa inevitabile, come in ogni sport. Ora è la volta di Max Verstappen, vicino alla conquista del suo secondo campionato consecutivo. La battaglia con Leclerc è stata meno accesa del previsto in questa stagione, ma ha mostrato comunque tutto il potenziale del numero 1 della Red Bull.
Chi ha pensato bene di paragonare il driver orange al mostro sacro di Kerpen è stato Jean Todt. Il manager francese ha conosciuto in pista come nessun altro Michael, avendolo gestito nei suoi migliori anni di carriera, alla Ferrari. L’ex presidente della FIA, intervenuto al Festival dello Sport di Trento (organizzato dalla Gazzetta dello Sport) ha rilasciato le seguenti dichiarazioni.
“Non so se si somigliano. Conosco Michael molto bene, Max no. Sono però due personaggi con personalità diverse, anche se entrambi sono molto determinati e aggressivi. Fuori dalla pista, Michael è una persona meravigliosa, mentre di Max non posso dirlo perché non lo conosco. Ora lo vedo concentrato sulle corse, giustamente. Poi, ovvio, entrambi hanno avuto a disposizione grandi macchine. Anche se eccezionale nella guida ogni pilota ha bisogno di una vettura competitiva per vincere. Michael, quando nel 1996 arrivò in Ferrari, vinse solo tre gare, nonostante fosse stato campione del mondo dei due anni precedenti. Non perché aveva perso motivazioni, ma perché evidentemente non aveva il mezzo giusto”.
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