“Ho pensato al suicidio”: confessione shock della star NBA. A fine settembre comincerà il camp e lui si sente rinato
Non tutte le star della NBA, anche se possono vantare contratti con cifre impossibili da altre parti e giocano nel campionato più bello del mondo, stanno bene. La dimostrazione arriva dall’ultima intervista di John Wall, ex stella di Washington Wizards pronto ora a ricominciare con i Clippers.
Per molti motivi, non solo quelli legati alla salute, nelle ultime tre stagioni il nativo della North Carolina ha giocato solo 40 partite. Da una parte ci sono stati gli infortuni, a cominciare dalla rottura al tendine d’Achille. Dall’altra la rottura, solo a parole, con la dirigenza degli Houston Rockets che di fatto non lo ha mai fatto scendere in campo nella passata stagione.
Ma in realtà tutto è cominciato nel 23019, quando l’amatissima mamma è scomparsa prematuramente per un cancro, come era già successo a suo padre 21 anni prima. “Il punto più basso della mia vita e così ad un certo punto ho pensato al suicidio. Mi sono rotto il tendine d’Achille, mia madre si è ammalata e poi è scomparsa, anche mia nonna un anno dopo è morta mentre eravamo in mezzo al Covid”, ha raccontato.
“Ho pensato al suicidio”: John Wall ne è uscito grazie alla famiglia e ora vuole ripartire
Ad aiutarlo sono stati la famiglia e la terapia che l’hanno convinto a riprovarci e a risollevarsi. Così adesso che ha cambiato maglia, passando ai Los Angeles Clippers, può dirsi un uomo più sereno: “La terapia mi ha aiutato. Molta gente pensa di non aver bisogno di aiuto e di potercela fare da sola, ma bisogna essere sinceri con se stessi e trovare la soluzione migliore. Io ci sono riuscito. E per me è straordinario essere tornato dove voglio essere e che i tifosi ancora vogliano vedermi in campo”.
Wall era già un giocatore promettentissimo nella High School tanto che molte università americane se lo contendevano. All’epoca lui pensava di andare a Memphis ma aveva una adorazione per il coach John Calipari. Così quando questi passò alla University of Kentucky, nonostante la corte di Kansas decise di giocare lì e rimase due anni stabilendo il record di assist della sua università con 241.
Pola carriera in NBA: dieci stagioni a Washington, trascinando anche la squadra ai playoff e vestendo per 5 volte la maglia nell’All Star Game fino al 2018. Houston è una parentesi da cancellare in fretta ora che ha deciso di vivere.