Con la fine della stagione si profila anche la fine della carriera agonistica per un personaggio molto conosciuto e amato dai tifosi dell’Inter
Non una delusione. Ma… “avrei preferito lasciare da vincente. Chiudere la carriera con una retrocessione non è una cosa che mi fa piacere. Ma l’avevo messo in conto”.
Roy Hodgson lascia il calcio. A 74 anni l’allenatore inglese, una carriera professionale inizia oltre cinquant’anni fa quando poco più che ragazzino allenava i giovanissimi del Maidston, chiude.
Una scelta consapevole e messa in preventivo fin da quando, a sorpresa, era stato invitato dal Watford a prendersi cura di un club in piena crisi e destinato alla retrocessione. Aveva preso un’eredità molto pesante da Claudio Ranieri, esonerato il 25 gennaio scorso e a sua volta chiamato a un’impresa non impossibile, ma quasi.
Hodgson ha condotto il Watford fino alla fine della stagione. La squadra, raccolta al penultimo posto, ha chiuso nella stessa identica posizione. Quattordici partite: otto punti, due vittorie e due pareggi. Dieci le sconfitte. Hodgson ammette che quella del Watford è stata solo una parentesi. E che la sua carriera in realtà era già conclusa: “Avevo deciso di lasciare quando avevo chiuso dopo tre stagioni. Mio rapporto con il Crystal Palace. Mi sembrava abbastanza. Ma mi hanno chiesto aiuto e pensavo di poter essere utile, anche se avevo messo immediatamente in chiaro che a fine stagione avrei comunque concluso la mia esperienza. Dunque questa non può essere una sorpresa”.
Roy Hodgson dunque va in pensione: “Direi che è il caso di dire che torno in pensione, dove già ero e che ho momentaneamente accantonato per un’ultima volta. Il calcio mi ha dato tanto, e credo di avere fatto qualcosa anche io. Ma ora mi merito il riposo”.
Hodgson da professionista e primo allenatore è sceso in panchina 774 volte, con 332 vittorie, 217 pareggi e 227 sconfitte. Trentuno stagioni in tutto, con cinque esoneri. All’Inter si dimise per tornare in Inghilterra, al Blackburn, quando aveva ancora un anno di contratto. Non senza qualche rimpianto: “Una splendida esperienza con una squadra vincente, che però non vinse. Quella finale persa ai rigori con lo Schalke rimane un motivo di grande dispiacere…”.
In Italia allenò anche l’Udinese: uno dei suoi esoneri.
Il calcio continuerà a seguirlo, ma solo da appassionato: “Mi sono divertito ma chiudo qui. Il calcio è un mondo molto esigente che richiede tante energie. Credo di essermi guadagnato il diritto di godermi il tempo libero con la mia famiglia”.
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