Ci sono aggiornamenti sulle condizioni di Ivan Vavassori, il portiere italiano impegnato come volontario in Ucraina
C’era moltissima preoccupazione per la sorte di Ivan Vavassori. L’ex portiere di Pro Patria, Legnano e Bra.
Ma le ultime notizie sono improntate all’ottimismo. Sicuramente migliori rispetto a quelli che erano i presupposti anche solo di 48 anni fa.
Ivan Vavassori, il portiere partigiano in Ucraina
Ivan, 29 anni, figlio adottivo di Pietro Vavassori, imprenditore titolare della Italsempione e presidente della Pro Patria per alcuni anni prima della cessione del club, è vivo. Ricoverato in ospedale. Ma le sue condizioni non destano particolari preoccupazioni. A tranquillizzare tutti è lo stesso ragazzo, nato in Russia e adottato quando aveva solo cinque anni dalla famiglia Vavassori.
Ferito, in ospedale
Ivan Vavassori ha affidato a un amico il compito di aggiornare i suoi profili social che fino a qualche giorno fa riportavano foto di confine e immagini di guerra. Ivan aveva raggiunto il fronte un mese fa dopo un breve corso di addestramento. Fa parte della ‘brigata internazionale’, un gruppo di volontari arrivati in Ucraina da ogni parte del mondo per unirsi alla resistenza del paese e all’esercito regolare contro i russi. Il plotone di Ivan era rimasto isolato durante la difesa di un’acciaieria di Mariupol: “Sono vivo anche se sono in ospedale – conferma il portiere italiano – ho qualche ferita e la febbre alta, niente di particolarmente grave, niente di rotto. Ringrazio tutti quelli che si sono interessati alla mia situazione”.
La situazione in Ucraina resta gravissima. Il caso di Ivan Vavassori ha avuto un enorme clamore sulla stampa italiana e internazionale. Al punto che il pool antiterrorismo della Procura di Milano guidato da Alberto Nobili, ha aperto un’inchiesta conoscitiva, senza alcuna ipotesi di reato né indagati, per capire se la presenza di ‘foreign fighter’ italiani in Ucraina presupponga l’eventuale arruolamento illegale o di mercenari.
Secondo il comitato olimpico ucraino sarebbero non meno di 200 gli sportivi nazionali morti in combattimento, o rimasti uccisi tra le vittime civili.