Caso Djokovic, c’è la decisione definitiva: Australian Open nella bufera. Il numero uno del tennis mondiale aveva fatto ricorso contro la revoca del visto
L’intricatissimo caso di Novak Djokovic si arricchisce di un nuovo capitolo. Molto probabilmente l’ultimo. Il governo australiano ha infatti revocato per la seconda volta il visto al numero uno del tennis mondiale che, al netto di eventuali ricorsi in extremis, non potrà partecipare agli Australian Open, prima prova stagionale del Grande Slam che avrà inizio lunedì 17 gennaio. La decisione delle autorità politiche locali, secondo il ministro dell’Immigrazione Alex Hawke, è stata presa “per motivi di salute e ordine pubblico, in quanto era nell’interesse della popolazione farlo“. Se Djokovic non impugnerà la decisione in tribunale, sarà immediatamente espulso dal Paese.
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Successivamente, lo stesso ministro Hawke ha diramato un lungo ed esaustivo comunicato ufficiale in cui vengono riportate le motivazioni dell’annullamento del visto nei confronti del fuoriclasse serbo: “Oggi ho esercitato il mio potere ai sensi dell’articolo 133C della legge sulla migrazione di annullare il visto di Novak Djokovic per motivi di salute e buon ordine, sulla base del fatto che ciò fosse nell’interesse pubblico. Nel prendere questa decisione – prosegue il comunicato del ministro Hawke -, ho considerato attentamente le informazioni fornitemi dal Dipartimento degli affari interni, dall’Australian Border Force e dal signor Djokovic. Il governo Morrison è fermamente impegnato a proteggere i confini dell’Australia, in particolare in relazione alla pandemia di Covid”.
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A questo punto Novak Djokovic, in base alla decisione del governo, rischia di non poter più entrare in Australia anche per i prossimi anni. E’ infatti questa la sanzione prevista dall’articolo citato dal ministro, il numero 133. Ora si attendono le mosse di Djokovic e del suo ufficio legale: non è da escludere che nelle prossime ore il tennista serbo decida di inoltrare un ricorso d’urgenza contro il provvedimento del governo.
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