Djokovic all'Australian Open (AnsaFoto)
Australian Open, mazzata terrificante per Djokovic: la decisione definitiva. Il numero uno del tennis mondiale è rimasto sette ore all’aeroporto di Melbourne
E’ una storia che sta tenendo con il fiato sospeso tutto il mondo del tennis e non solo. Novak Djokovic prigioniero delle autorità aeroportuali australiane. Sembra la sceneggiatura di un film (ricordate The Terminal con Tom Hanks?) ed invece è pura e semplice realtà. Strana, paradossale, figlia di momenti a dir poco controversi, ma che purtroppo coinvolge tutto il pianeta. Il numero uno del tennis mondiale si è ritrovato su posizioni opposte rispetto all’obbligo vaccinale sin dal principio. Lui che ha contratto il Covid nel giugno 2020 e che non ha mai nascosto di non approvare l’inoculazione del siero immunizzante senza possibilità di scelta. Una battaglia portata avanti tra silenzi e rinvii sulla decisione più attesa: la partecipazione al primo Slam dell’anno. Dopo mille voci e smentite, ieri era arrivata l’ufficialità, Djokovic si imbarca per Melbourne. Un’esenzione medica, benché molto discussa, che gli avrebbe consentito di essere al pari degli altri 127 partecipanti al torneo. La situazione è però precipitata nelle ultime ore.
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Secondo quanto riportato dal portale australiano The Age, i funzionari alla frontiera hanno la discrezionalità di consentire a Djokovic di entrare nel Paese nonostante la presa di posizione del governo vittoriano. Si perchè il serbo è stato costretto dalle autorità a rimanere per 8 ore separato dal proprio staff, in una sala dell’aeroporto, privato a lungo anche del telefono e sottoposto ad interrogatorio. Poco dopo le 22 di mercoledì sera è arrivata la conferma sempre dalle fonti australiane: Djokovic dovrà fare ritorno a casa. Le prove fornite dal suo entourage non sono state sufficienti per ottenere il visto di ingresso. A nulla sono valse le proteste anche del padre, Srdjan, che intervenendo a Sputnik Serbia aveva detto: “Non è solo una battaglia di Novak, è una battaglia per il mondo. Scenderemo in strada se necessario”. Alla fine il figlio è stato liberato ma la vicenda si è conclusa nel peggiore dei modi, ovvero con una respinta davvero inaspettata. Il governo serbo si è interessato alla storia di Nole e ne sta facendo anche un caso diplomatico. Sicuramente ne sentiremo ancora delle belle nelle prossime ore. I suoi avvocati sono già al lavoro.
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