Valentino Rossi ha riportato la Yamaha sull’Olimpo della MotoGp, ma la sua avventura era cominciata con molte preoccupazioni: il racconto
Valentino Rossi ha dato il suo addio alle corse alla fine della stagione 2021, lasciando un vuoto incolmabile. Ovviamente, come spesso avviene quando un campione del genere si ritira, vengono fuori dei retroscena davvero clamorosi sulla loro carriera.
Anche il “dottore” non è esente da questa situazione e, nonostante la maggior parte degli appassionati del motorsport conoscano a menadito tutti i passi del loro idolo, ci sono aspetti che solo ora stanno uscendo fuori.
Uno dei più importanti è quello relativo alla scelta di Valentino di lasciare la Honda e passare alla Yamaha facendo un tuffo nel vuoto. Il pilota di Tavullia aveva infatti a disposizione la moto più forte del circus eppure decise di affrontare una nuova avventura, riportando la scuderia di Iwata nell’Olimpo della MotoGp.
Eppure il rapporto tra Rossi e la Yamaha non era cominciato con i migliori auspici. A svelarlo è stato Davide Brivio in una recente intervista.
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“Valentino Rossi all’inizio non era gradito in Yamaha”: la rivelazione di Davide Brivio
L’attuale team manager di Alpine in Formula 1 ha raccontato un retroscena relativo al 2004: “In un primo momento c’era una corrente che la pensava in questo modo: se Rossi avesse vinto, sarebbe stato solo merito suo, mentre se avessimo fallito, allora la colpa sarebbe ricaduta solo sulla moto“.
Brivio ha poi aggiunto che l’accordo fu ratificato solo grazie all’intervento di Masao Furusawa che convinse i piani alti a puntare sul “dottore” per riportare il titolo alla casa di Iwata, come poi puntualmente avvenne.
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Anche le trattative tra Rossi e Brivio furono piuttosto concitate: “Già durante il mondiale del 2003 io e Rossi ci vedevamo. Il problema era dove, perché nel paddock eravamo sotto gli occhi di tutti. A Brno, ad esempio, ci incontrammo nella tenda della clinica mobile. Alla fine, però, ci fu l’accordo a Donington Park e Rossi fu costretto a entrare nel box col cappuccio per non farsi riconoscere e vedere la moto”.