11 settembre, le reazioni dello sport: le strane decisioni di calcio e motori. Il giorno in cui il mondo è cambiato si disputarono ugualmente eventi importanti
L’attentato alle Torri Gemelle ha sconvolto tutto il mondo l’11 settembre del 2001. Alle 14.45 circa, ora italiana, tutti ci siamo ritrovati a guardare alla televisione quello che stava accadendo a New York, catapultati in una realtà che sembrava estrapolata da un film americano. Nessun effetto speciale, nessun supereroe a salvare le vite dei cittadini, ma un bilancio da vera guerra. Alla fine le vittime furono quasi 3.000, oltre ad un numero imprecisato di feriti. Il World Trade Center venne giù, come tutte le certezze del mondo occidentale, attaccato nel suo cuore come forse mai era successo prima. Anche lo sport dovette fare i conti con un evento di tale portata, ma nonostante la cosa più logica fosse quella di sospendere tutto, si decise di mandare avanti lo show, di non fermare il carrozzone.
La Uefa diede l’autorizzazione a disputare le partite di Champions League in programma quel martedì sera. In uno Stadio Olimpico surreale, pieno di tifosi ma senza il solito trasporto, la Roma fece il suo ritorno nella massima competizione europea contro il Real Madrid (sconfitta 1-2).
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Anche Galatasaray-Lazio, Lokomotiv-Mosca Anderlecht, Dinamo Kiev-Borussia Dortmund, Liverpool-Boavista, Mallorca-Arsenal, Schalke 04-Panathinaikos e Nantest-PSV Eindhoven scesero in campo in contemporanea. La polemica scoppiata sui media impedì di disputare i match del mercoledì, tutti sospesi prima del fischio d’inizio.
Ma forse fu ancor peggio quanto stabilito dalla FIA, per il Mondiale di Formula 1. Il Gran Premio di Monza era in programma domenica 16 settembre 2001, e le prime prove si disputarono il 14, a tre giorni dal tragico attentato. Nonostante tutto il tempo necessario per cambiare il programma, la federazione non volle ascoltare ragioni. Schumacher e gli altri piloti del sindacato fecero sentire la propria voce, non ottenendo però il risultato sperato. La Ferrari scese in pista con il musetto nero, in segno di lutto, con un’immagine rimasta iconica. Ora dopo 20 anni il mondo dello sport ricorda quei momenti e forse si vergogna anche un po’ per come sono stati affrontati.
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