La morte di Fabio Casartelli, caduto durante una rovinosa discesa al Tour de France nel 1995 a Tarbes, è stata oggetto di ricordo oggi durante la tappa della corsa in giallo
Sono passati ventisei anni da quel 18 luglio, da quando Fabio Casartelli perse la vita nella discesa dal Colle di Portet-d’Aspet in modo assurdo e decisamente molto sfortunato. Oggi il Tour ha pagato un bel tributo al ricordo di un ciclista che resta negli annali per le sue imprese, e non solo per la sua tragica morte.
Nato a Como, Fabio Casartelli era quello che si può definire un grandissimo talento: figlio di un buon ciclista dilettante inizia a correre a soli 9 anni. E vince, vince molto fin da ragazzino. Da dilettante, prima ancora di firmare il suo primo contratto da professionista con la Ceramiche Ariostea, conquista quella che è stata la sua più grande impresa di sempre. Alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 conquista una meravigliosa medaglia d’oro chiudendo da grande protagonista una fuga a tre nella quale prende per stanchezza l’olandese Dekker e il lituano Ozols. Una grandissima impresa che gli vale uno dei due ori del ciclismo di quella edizione che portò all’Italia sei medaglie pregiate.
Da professionista vince la Settimana Bergamasca mettendosi in evidenza al Giro del 1993. Dopo una stagione alla ZG Mobili passa alla ricchissima Motorola per fare da cornice a Lance Amstrong che puntava a cannibalizzare il Tour.
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Il 18 luglio del 1995 Casartelli parte per la 15esima tappa, una delle più dure di quella edizione: le salite dei Pirenei e tante discese a rotta di collo. Giù dal Colle di Portet-d’Aspet, verso il traguardo di Ger de Boutx, c’è una caduta molto violenta che coinvolge diversi corridori. Tra i quali anche Casertelli. A poco a poco i ciclisti coinvolti si alzano: Fabio no, rimane immobile.
Soccorso da Gerard Porte, il medico d’emergenza al seguito della corsa, che immediatamente si rende conto della gravità della situazione, Casartelli viene rianimato tre volte con il massaggio cardiaco. Muore durante il trasporto in elicottero all’ospedale di Tarbes dove viene dichiarato deceduto alle 14, senza avere mai ripreso conoscenza.
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La morte di Casartelli, non la prima e purtroppo nemmeno l’ultima in una disciplina sportiva che ancora oggi si conferma molto rischiosa, è uno shock terribile per tutto il ciclismo. Il Tour riparte in silenzio il giorno dopo in una tappa che viene neutralizzata e che vede tagliare il traguardo appaiati tutti i suoi compagni della Motorola, in lacrime e con il lutto al braccio.
Le indagini chiarirono che a ucciderlo sia stato il trauma della caduta: un urto violentissimo contro un paracarro di cemento. Casartelli non indossava il casco. La sua morte sarà uno dei motivi per cui oggi la protezione è diventata un obbligo, inserito tra le norme dell’UCI dal 2003.
A Fabio Casartelli è dedicata una targa sul luogo dell’incidente davanti al quale oggi lentamente sono passati tutti i ciclisti, molti dei quali si sono alzati in piedi, rallentando e accennando un saluto e un segno di croce. Oggi a Fabio Casartelli è dedicata una pista ciclabile a Forlì, dove si allenava spesso e dove erano nati sua moglie e suo figlio Marco, che aveva solo pochi mesi quando il ciclista morì tragicamente, e una fondazione che sostiene il cicloturismo e il ciclismo amatoriale.
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