Gwen Berry, una delle atlete più controverse della squadra americana di atletica leggera (Getty Images)
L’americana Gwen Berry, martellista della squadra olimpica, ha protestato in modo molto evidente al momento dell’inno americano durante i trails
I Trails sono uno dei momenti più attesi della vita sportiva americana: è l’ultimo tentativo da parte degli atleti per cercare di raggiungere le Olimpiadi.
E Gwen Berry, una delle martelliste più forti del mondo, ha scelto proprio il palcoscenico dei Trials per scatenare la sua protesta nei confronti delle istituzioni americane con cui era entrata fortemente in polemica già nel 2019. In occasione dei Giochi Panamericani, sul podio, durante la premiazione, la Berry aveva alzato un pugno al cielo mentre suonavano le note dell’inno statunitense. E per questo gesto era stato squalificato per dodici mesi dal comitato olimpico americano.
Famosa per i suoi atteggiamenti trasgressivi, celebri le sue unghie smaltate e le labbra dipinte di blu, Gwen Berry non si è fatta cogliere impreparata.
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Nel pieno delle polemiche legate all’attivismo di alcuni atleti americani legati al movimento Black Lives Matter, Gwen Berry durante l’inno per la premiazione della gara di lancio del martello dei Trials dove era arrivata terza, qualificandosi per le Olimpiadi di Tokyo, l’atleta si pè girata dall’altra parte. Poi ha mostrato una maglietta con la scritta ‘Activist Athlete’ con la quale si è coperta la testa. Un gesto che sta sollevando enormi polemiche negli Stati Uniti e che è stato criticato da diversi atleti, anche afroamericani.
Gwen Berry ha rilasciato una dichiarazione molto polemica: “Quell’inno lo abbiamo ascoltato anche troppo. Ero furiosa. Ho pensato a quello che avrei potuto fare e l’ho fatto, senza pensare alle conseguenze. É stato irrispettoso? Sì, lo è stato. Voleva esserlo…”
Berry ha aggiunto di essere consapevole di una possibile nuova squalifica: “Vedremo, d’altronde il mio impegno sportivo ha senso solo se posso rappresentare le mie comunità e il mio popolo, e quelli che sono morti per mano della brutalità della polizia, tutti quelli che sono morti a causa di questo razzismo sistemico”.
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